di Mila Mercadante twitter@mila56170236
Nel marzo scorso – in previsione di un’altra stagione estiva drammatica – i sindaci delle isole greche che accolgono il maggior numero di migranti si sono recati a Bruxelles per chiedere aiuto, per chiedere la soluzione di un grave problema che loro non sono in condizioni di risolvere: la terribile crisi economica degli abitanti delle isole, che vivevano di turismo e che sin dal 2015 hanno assistito impotenti a un calo di presenze del 90% e oltre. Questo significa chiudere alberghi, ristoranti, bar, non lavorare più, non guadagnare, non mangiare, non avere futuro. La risposta che i sindaci hanno ricevuto è l’annuncio che i turchi – i quali ormai possono entrare in Europa come fossero cittadini membri dell’unione – si recheranno presto a fare turismo in Grecia. Non sto scherzando. Dimitri Avramopoulos, Commissario UE per l’immigrazione e gli affari interni, ha davvero rassicurato i suoi connazionali con tali parole.
I flussi migratori in Grecia in seguito agli accordi UE-Turchia sono drasticamente diminuiti ma non sono cessati: vale sempre la pena di ricordare che da quando la rotta balcanica è stata bloccata i migranti vengono costretti ad arrivare in Europa soltanto via mare. Finora Lesbo in particolare ha accolto un numero di profughi – quasi tutti siriani, afghani e iracheni – superiore di sei, sette volte il numero degli abitanti. Lo ha fatto col cuore in mano e senza mezzi. Non conosco il numero preciso di cittadini dell’isola candidati al Nobel per la pace nel 2016. Sono parecchi. Il Nobel non l’hanno avuto ma il contentino morale sì, quel genere di contentino che si offre agli onesti per far vedere che li si tiene in considerazione mentre gli si distrugge l’esistenza. Anche se in questo momento rispetto al 2015 e al 2016 vi sono “pochi” arrivi (tutto è relativo), negli hot spot e sulle isole permangono sempre moltissimi migranti e ne escono davvero pochi. Poche anime. Il problema è che i paesi del nord Europa hanno già accolto e non intendono andare oltre. Le richieste d’asilo in Danimarca sono diminuite del 70%, in Svezia e Finlandia dell’82%, in Olanda del 53%. Sono dati UNHCR recentissimi, e questi dati ci dicono anche che i migranti vorrebbero andare tutti al nord, soprattutto in Germania. Se non si può, giocoforza ripiegano sui paesi in cui sbarcano, paesi dove la percentuale di stranieri per numero di abitanti è ancora bassa, cosicché le domande d’asilo in Grecia sono aumentate nel 2016 del 287%, in Italia del 47%. Il 60% dei richiedenti asilo viene respinto dal nostro paese. Questo dato evidentemente sfugge a tutti i paladini dell’accoglienza. Dove finiscono i respinti? Non esistono statistiche in proposito. Diventano spesso fantasmi: o muoiono prima di ritornare a casa oppure scappano ed entrano così nelle maglie dello sfruttamento e della delinquenza, quando non del reclutamento di terroristi.
La maggior parte dei migranti che arriva qui viene dal Pakistan e dall’Africa sub-sahariana, Nigeria e Gambia. Il 70% di coloro che fino ad alcuni mesi fa entravano in Italia non vedeva né centri di prima accoglienza né hot spot, se la dava semplicemente a gambe, come si suol dire. Adesso – per migliorare l’efficienza – nei porti con gli afflussi maggiori sono stati istituiti hot spot mobili per l’identificazione e lo smistamento. Non può funzionare tutto, è difficilissimo identificare e collocare tanti richiedenti asilo, così come sembra essere difficile rispondere alla domanda “posso restare qui?” La risposta arriva dopo un anno, due, anche di più.
Non siamo più un paese ricco, siamo un paese di emigranti, un paese da cui si fugge. Che facciamo? Diventiamo come la Grecia? Avremo una Lesbo e una Samo anche noi? Niente del genere. Taormina ha avuto paura di accogliere 35 migranti, di Capalbio non parliamone, e presumibilmente posti come Capri o Forte dei Marmi verranno risparmiati. I migranti saranno dislocati laddove non daranno fastidio a chi amorevolmente li vuole a patto di non doverli neppure vedere. Nei giorni scorsi Gentiloni ha avuto un colloquio con Juncker, al quale ha domandato di sollevare l’Italia dal gravosissimo compito di accogliere da sola tutti i profughi. Ha giustamente chiesto che Francia e Spagna – fino a prova contraria Stati affacciati sul mare – facciano la loro parte. La sospensione del blocco a Ventimiglia avvenuta in queste ore dipende da quel colloquio? Ed è tutto qui? Pare di no. In questo momento – mentre cioè stiamo scrivendo – si apprende che dei 400 africani che si sono incamminati verso la Francia ne sono già stati arrestati 200, anche con l’aiuto di cani.
(27 giugno 2017)
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