di Lorenza Morello twitter@Lorenza_Morello
Stesso fine settimana, due eventi a Confronto: a Torino (comune di 886.837 abitanti), per la festa patronale 21.800 persone presenti alle 22.33 del 24 giugno 2017 su piazza Vittorio, contro le circa 100mila degli scorsi anni delle quali 70 mila solo sulla piazza. La app che conta le persone non sbaglia di un solo numero ed era predisposta per bloccare gli ingressi se si fosse raggiunto il limite di 48mila. A Saluzzo (comune di 16.968 abitanti), per l’ottava edizione di “C’è Fermento”(una sorta di beer fest locale) 8.500 persone solo nella serata di sabato. Controlli all’ingresso, rapidi ma efficaci, hanno fatto sì che l’evento organizzato all’interno dell’ex Caserma Mario Musso ottenesse diversi risultati, tra i quali degustare prodotti artigianali, apprezzare e valorizzare uno spazio che è stato ridestinato, passare una serata in allegria con amici senza pensieri e senza feriti, benché tutti i presenti avessero al collo un bicchiere di vetro.
Quando si analizza l’amministrazione di una città, lo si può fare sotto diverse angolazioni ma, tipicamente, la prima analisi è quella politica. In questo caso, invece, l’analisi che preme è di carattere giuridico/commerciale. Si è infatti a lungo parlato degli incresciosi fatti di Torino a partire dalla finale del tre giugno, fino ai festeggiamenti del Santo Patrono appena trascorsi. E molto è stato detto e scritto dalle varie voci politiche di maggioranza e di opposizione in favore o contro le posizioni assunte dall’attuale governo della città. Esulando, però, dal dato politico, sarebbe molto più opportuno valutare i dati economici della città slegati da qualsiasi corrente, perché il benessere di una città e il senso civico devono essere beni superiori rispetto alle singole posizioni di pensiero.
I dati che si raccolgono parlando con chi a Torino opera e vive nel settore del commercio, lamentano una carenza evidente di attenzione e di rispetto per la categoria. Non è accettabile che chi ha un locale pubblico sia etichettato come “spacciatore di alcool” o altri appellativi simili da chi la città avrebbe il dovere di amministrarla, e non di soffocarla. E non è accettabile che in una città molto provata dalla crisi degli ultimi anni (i dati ufficiali riferiscono che Torino è la città italiana in cui chiudono quotidianamente il maggior numero di attività commerciali) la risposta ad un palese difetto di controllo da parte dell’amministrazione debba avere come controrisposta la demonizzazione di una categoria. Le prime stime parlano, per la notte di San Giovanni e l’intero week end di festa, di un fatturato inferiore al 90% rispetto agli anni precedenti. I commercianti di Piazza Vittorio dicevano che si sarebbero già sentiti soddisfatti a fare “almeno il 20% di un sabato normale”. Nei fatti i commercianti di Piazza Vittorio e vie limitrofe hanno lamentato un mancato incasso per la Festa di San Giovanni pari a 250mila euro su circa 80 esercizi.
Chiunque conosca i fondamenti dell’imprenditoria privata, sa bene che leggi troppo limitative dell’iniziativa privata altro effetto non possono sortire che la morte dell’imprenditoria stessa. Per un sano sviluppo imprenditoriale serve tutto ciò di cui in questo momento la città è carente: una amministrazione vicina ai problemi dei cittadini, norme di sicurezza applicate costantemente in modo serio e rigoroso e una tassazione equa che permetta al comune di avere le risorse per coprire le proprie spese e far fronte agli investimenti necessari, e che permetta agli imprenditori di avere il giusto ritorno dal lavoro quotidiano. Si chiama buonsenso, e non ha colore politico.
(la foto in basso è stata poco abilmente ristretta affinché il pubblico presente risultasse più numeroso, ndr).
(27 giugno 2017)
©gaiaitalia.com 2017 – diritti riservati, riproduzione vietata