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I disastri di Virginia Raggi, Chiara Appendino e gli editti di Grillo: è il famoso M5S “di governo”

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Le sindache Raggi (a sx) ed Appendino a (dx), dietro di loro invisibile) Beppe Grillo

di Giovanna Di Rosa

 

 

 

 

Le elezioni amministrative arrivano dopo un anno di non-governo di Virginia Raggi a Roma, di 12 mesi di non-governo di Chiara Appendino ora alle prese con la Torino infuriata del post-disastro del 3 giugno scorso, vengono inaugurate dal M5S che fa fuori la nuova legge elettorale (ed ora si capisce il perché) e si chiudono poco dopo l’ennesimo editto di Beppe Grillo contro i giornalisti.

 

Si noti che Beppe Grillo era uno di quelli che sbraitava più forte ai tempi dell’editto bulgaro di berlusconiana memoria. Dunque vale la pena di ripercorrere velocemente questi dodici mesi di disgraziata storia di governo a 5 Stelle per ricordarne alcuni aspetti salienti.

Sulla scia della vittoria e del buon governo di Federico Pizzarotti a Parma gli elettori cascano nella trappola del M5S e credono che Virginia Raggi oltre a parlare bene sia anche in grado di governare: non bastano loro le demenziali boutade della futura sindaca in campagna elettorale. Virginia Raggi promette di tutto, dalle funivie, al libero scambio, al sesterzio, alla moneta locale; propone innovazioni come il lavaggio casalingo del pannolino sporco del bebè ed inaugura lo straordinario slogan: “Bisogna essere molto chiari”, lei che della cortina fumogena farà un indumento. Insediatasi subirà l’affronto di vedere sparire diversi assessori dimissionari, l’arresto del suo braccio destro per il quale era disposta a far saltare la giunta, riceverà due avvisi di garanzia – ed il M5S cambierà lo statuto per salvarla – e si troverà nella scomoda posizione di essere testimone a favore dell’imputato e parte civile nello stesso processo. Quello a Marra. Poteva riuscire solo a lei. Di tutto il resto non c’è traccia: né delle funivie, né dei pannolini lavabili. Figuratevi la moneta locale, ché non si trova a Roma nemmeno più uno straccio di lavoro per guadagnare gli euro dato che le aziende scappano tutte. Per non parlare di rifiuti. Lei, favolosa, continua insieme ai suoi assessori a dare la colpa al PD. Dimenticandosi che la Sindaca è lei e che il M5S con la maggioranza assoluta in Campidoglio potrebbe fare, se fosse capace, quello che vuole.

Chiara Appendino entra a Palazzo Civico come una regina e da star comincia a comportarsi. Se ne frega delle celebrazioni storiche e delle ricorrenze care ai torinesi. Non ha tempo – è che ha un Grillo in casa. Le cose le vanno bene per lunghi mesi perché la città va avanti con le delibere della precedente giunta Fassino. Poi improvvisamente qualcosa si inceppa, perché lei deve cominciare a fare da sola. E non ce la fa of course: intanto le salta in aria l’impianto accusatorio nei confronti di un buco di bilancio della precedente giunta che la Corte dei Conti giudica inesistente – altra cosa sono una serie di pendenze fuori bilancio per via di precedenti accordi, pendenze lasciate in sospeso nel 2014 e 2015 dalla giunta Fassino e nel 2016 dalla giunta Appendino. Scopre, la Chiarissima sindaca, che non ci sono soldi, perché i soldi cadono dall’alto e fanno parte dei miracoli a 5Stelle: nessuno deve averle detto che vanno cercati. Mendica il 5×1000. Aumenta il costo dei permessi per le ZTL. Saltano le manifestazioni culturali che generavano indotto per altre molto più povere. Esulta insieme al suo sodale Giusta per un premio alla Città di Torino, ma la delibera che mette Torino in lizza per il premio è di Fassino. Si cercano i grandi eventi in piazza per cercare consenso senza rispettare le elementari norme di sicurezza: costano 1527 feriti, alcuni dei quali gravi ed ancora in pericolo di vita. Lei, favolosa, dopo qualche giorno dice che “Qualcosa non ha funzionato” e, tanto per fare ammenda, “tromba” – cioè fa saltare – l’assessora all’Ambiente, una vegana integralista che ce l’aveva con l’Enpa, assunta con bando. Dimmi chi assumi e ti dirò chi sei. Appendino però presenzia ai Gay Pride torinesi, perché governare è una cosa, partecipare è un’altra.

Il M5S non dice una parola, nemmeno per bocca del Vate del Sacro Blog che scrive su tutto, sull’operato delle sue punte di diamante; dice molto su altri candidati: fa saltare Pizzarotti a Parma, a Cassimatis dice no e aggiunge “fidatevi di me”, fa l’accordo sulla legge elettorale che poi fa saltare in aria mettendo Fico contro Di Maio, perché divide et impera funziona sempre; fa fuori la consigliera capitolina che critica la delibera sullo Stadio della Roma e si potrebbe andare avanti ma siamo all’11 giugno ed alla scomparsa a livello locale del M5S.

Magari sarà stato un po’ anche per i fulgidi esempi di coloro che hanno governato la capitale ed una delle più importanti città del nord. O no…

 

 

(12 giugno 2017)





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