di Il Capo
Non ci era mai successo di vedere un Grillo alle prese col salto della Quaglia, ma quest’Italia demenziale ci propone ogni giorno nuovi motivi di divertimento ed è straordinario vedere come i nostri politici siano incapaci di partorire alcunché – e non parliamo né di montagne né di topolini. Le ultime dal pianeta Demenza giungono dalla Legge Elettorale: un gran sbattere di titoli in prima pagina, l’accordo tra i quattro grandi partiti e gli altri del 2% relegati nel büs del gnao come se questi ci stessero a fare la parte di Cita quando si sentono dei Tarzan; l’accordo in commissione con il “Sì” di tutti e quattro i grandi partiti, e quelli del 2% a cospirare in parlamento per metterglielo in quel posto – il sospiro di sollievo di Civati celebrato con un tweet improponibile in un paese di non-decerebrati si è ascoltato da mille miglia di distanza – e quindi il voto: sbarramento al 5%, centinaia di emendamenti e la maggioranza va sotto proprio su un emendamento della forzitaliota Biancofiore, un’altra marchesa della politica dell’inconsistenza: il M5S in aula vota contro – tanto il voto era segreto. Ci si mette pure il tabellone a sputtanarli i pentadementi, palesando ciò che doveva essere segreto. La sfiga ci vede benissimo.
Cos’è successo? Nulla che non si sapesse già, il M5S è inaffidabile, cialtrone, inconcludente, impreparato e non sta lì per cambiare l’Italia, come dice, sta lì per impedire qualsiasi cambiamento ai partiti che il cambiamento lo vogliono sul serio. Sta lì a non fare nulla, a bloccare tutto e a dare la colpa agli altri, che è esattamente ciò che gli scriteriati pentastellati stanno facendo a Roma e Torino. Niente di nuovo: la marcia indietro della mattinata dell’8 giugno l’avevano già sperimentata con successo in occasione della legge sulle Unioni Civili, davvero niente di nuovo a parte che a comandare l’ammutinamento dei franchi tiratori a 5Stelle stavolta è stato Roberto Fico che ha schierato i suoi contro i più istituzionalizzati, è già presidenti in pectore, Di Maio e Di Battista. Insomma la corrente del presidente di vigilanza della Rai che non ha mai lavorato prima di entrare in parlamento – già, pure lui – ha fatto saltare in aria l’accordo, per la gioia di Grillo che l’ha gridata in pubblico e contro coloro che l’accordo avevano tessuto, i fedelissimi di Di Maio l’ex steward del San Paolo. Così genî della poltrona parlamentare come Paola Taverna avranno il posto assicurato ancora per un po’… Ecco com’è morta la nuova legge elettorale che, sia chiaro, non voleva sul serio nessuno.
Ora si riparte da zero come se gli Italiani non contassero una beata minchia e come se le necessità impellenti del paese non fossero necessità impellenti: Alfano, Bersani, Civati e gli altri partitucoli del 2% hanno evitato l’infarto. La minoranza PD si è presa la sua vendetta alla faccia di Renzi colpevole di avere vinto le primarie un’altra volta. Berlusconi e Salvini si sono tenuti la loro destra, a ciascuno la sua. E mentre Luigino Di Maio ex webmaster vaga stralunato e rigido come uno stoccafisso per il Transatlantico dopo avere perso la sua battaglia interna al M5S sulla legge elettorale, assistiamo per la prima volta allo spettacolo di un Grillo che ha fatto il salto della Quaglia aggrappandosi a un Fico.
(9 giugno 2017)
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