
di Giovanna Di Rosa
Eccoli di nuovo, i giovani rappresentanti del “maschio-omone”, i moderni rappresentanti dell’oscurantismo medievale che persi dentro uno schermo dal quale non staccano mai il cervello, perdono di vista la realtà del rispetto e della convivenza. Sono loro, quelli che sono contro tutto, che giustificano la violenza alle donne, il pestaggio dei gay, che odiano i negri, del “che cosa fanno due lesbiche a letto”, quelli che una domenica allo stadio vale una vita, dell’università perché la fanno tutti, del guai uscire dal branco che dura tutta un’esistenza, della laurea presa a 35 anni tanto pagano mamma e papà.
Sono quelli che, uno su quattro all’Università di Torino e uno su cinque al Politecnico, considerano che le violenze sono “frutto di istinti” e che in fondo, se una ragazza “si veste in modo provocante un po’ se la va a cercare”, perché ragionare con il glande è assai più facile che tenere a freno i propri istinti. E la propria lingua. Non stupisce granché che nel 2017 ci sia gente che la pensa così: siamo in un momento nel quale le persone [sic] si occupano di tutto fuorché dell’assunzione della propria responsabilità rispetto alla società ed al mondo nel quale vivono, essendo schiavi del pensiero che questo mondo così com’è “ce lo siamo trovati e non è colpa nostra. Poi ci sono i santi e puri che considerano violenza anche solo raccontare “storie sfacciate a sfondo sessuale”. Da una parte l’insopportabile perbenismo puritano e dall’altra l’assoluta incoscienza. Non si sa davvero cosa sia più deleterio.
La ricerca è stata fatta all’interno dell’Ateneo torinese ed al Politecnico della città ed illustra assai bene lo stato confusionale di quella che dovrà essere domani la classe dirigente del paese, ed è stata presentata il 23 maggio scorso durante il convegno “Università a supporto delle vittime di violenza sessuale: un percorso di formazione per servizi sostenibili nel tempo”.
Oltre quattromila gli studenti universitari coinvolti in uno studio più ampio che parte dall’Università di Brighton dove, data la forzata convivenza in un campus, il problema della violenza sulle donne è molto più evidente. Le risposte, quelle che vi abbiamo fornito e che non posso che inquietare, considerando l’ampia condivisione dell’opinione malata che se una donna subisce violenza è perché, in fondo in fondo, un po’ se l’è cercata, sono secondo noi che siamo umili cittadine di un paese sull’orlo di una crisi di nervi, un campanello d’allarme che non viene sufficientemente ascoltato, essendo in generale un po’ tutti vittima della stessa superficialità che a molti farà dire: cosa sarà mai uno su quattro? Già, cosa sarà mai? Alla fine uno su quattro significa solo dieci su quaranta, cento su quattrocento, mille su quattromila, diecimila su quarantamila e via giustificando la violenza su chi “se la va a cercare”… Insomma un potenziale 10% di maschi che vivono una vita sessuale, ammesso che ce l’abbiano, giustificando la violenza sulle donne. Qualcosa andrà pur fatto.
(24 maggio 2017)
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