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L’Assopace Palestina Bologna: sullo sciopero della fame di Marwan Barghouti e la situazione in Palestina

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di Gaiaitalia.com, Bologna

 

 

 

 

Marwan Barghouti ha indirizzato ai parlamentari di tutto il mondo, insieme ad una scheda informativa sui detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane, una lettera che – grazie al comunicato di Assopace Palestina Bologna – pubblichiamo di seguito e nella quale annuncia il suo sciopero della fame.

Barghouti è un parlamentare e leader politico palestinese condannato dal Tribunale Israeliano per reati di resistenza armata o di terrorismo che lui non ha mai personalmente condotto.

Una campagna per la sua liberazione è stata lanciata dalla cella di Nelson Mandela a Robben Island con personalità internazionali, tra cui 8 premi Nobel.

Attualmente Marwan Barghouti si trova in una cella di isolamento, trasferito dopo che un suo articolo sullo sciopero della fame dei prigionieri palestinesi, è stato pubblicato sul New York Times.

Vi sono circa 1.500 palestinesi su 6.500 detenuti nelle carceri israeliane che sono in sciopero della fame dal 17 aprile, per rivendicare diritti basilari previsti dalla Convenzione di Ginevra: avere accesso alle cure mediche, poter leggere e studiare, poter telefonare alle famiglia, ricevere visite e altre rivendicazioni, tutte previste dalla Convenzione di Ginevra che anche Israele ha firmato.

La risposta delle autorità israeliane allo sciopero della fame è di estrema durezza e disumanità. Il Ministro israeliano Lieberman (colono) ha affermato che per quel che lo riguarda i prigionieri possono finire tutti sottoterra.
I prigionieri con alla guida Marwan Barghouti hanno chiamato questo sciopero della fame lo “Sciopero della Dignità e della Libertà”.

 

Lettera del leader e parlamentare palestinese Marwan Barghouti ai suoi colleghi nel mondo in occasione dello sciopero della fame dei prigionieri palestinesi “Per la pace e la dignità”

Cari colleghi parlamentari,
se ricevete questa lettera è perché Israele, anziché andare incontro alle legittime richieste dei detenuti palestinesi, ha scelto di continuare nella sua politica provocatoria di persecuzione collettiva.
Insieme ai compagni che portano avanti con me lo sciopero della fame sono stato di nuovo messo in isolamento. Ma non staremo per questo in silenzio, né ci arrenderemo.
Lo sciopero della fame è uno strumento pacifico e legittimo di protesta contro la violazione dei più elementari diritti dei detenuti, garantito dal diritto internazionale. I detenuti palestinesi, sebbene in balia della forza occupante – e per questo protetti dalle leggi internazionali sui diritti umani- non sono per questo privi di volontà e risorse.
Abbiamo iniziato lo sciopero della fame perché le richieste che portiamo avanti da mesi rimangono inascoltate.
Noi chiediamo ragione degli arresti arbitrari di massa dei palestinesi, delle torture, dei maltrattamenti e delle misure punitive nei confronti dei detenuti.
I nostri diritti – alla salute, alle visite dei famigliari, i contatti con le persone care, all’istruzione- vengono deliberatamente ignorati. E questi sono diritti umani fondamentali.
Cari colleghi, cari amici,
grazie per la solidarietà con i vostri colleghi palestinesi imprigionati e per la solidarietà di tanti parlamenti nel mondo che sostengono i diritti del popolo palestinese all’autodeterminazione, la fine dell’occupazione e la conquista di una pace giusta e duratura fondata sui principi del diritto internazionale.
Sono stato il primo parlamentare palestinese ad essere arrestato nel 2002.
Da allora Israele ha arrestato 70 parlamentari palestinesi, più di metà del Consiglio Legislativo Palestinese. 13 di essi sono tuttora in prigione.
Questi atti rappresentano un insulto ai parlamentari di tutto il mondo, a tutte le democrazie e ai diritti umani in generale. Questi atti sono un insulto alla libertà e alla giustizia a cui è necessario rispondere.
Il destino dei parlamentari palestinesi riflette quello del popolo palestinese che essi rappresentano.
In 50 anni Israele, la forza occupante, ha arrestato centinaia di migliaia di palestinesi, l’equivalente del 40 % della popolazione maschile nei territori occupati.
6500 languono oggi nelle prigioni israeliane. Per Israele noi siamo colpevoli e il nostro crimine, mai esplicitato, è che vogliamo la libertà, siamo affamati di libertà, lottiamo e ci sacrifichiamo per la libertà.

Le leggi di Israele autorizzano il colonialismo, la repressione collettiva, la discriminazione e l’apartheid. Perché coloro che votano queste leggi non debbono risponderne?
Alcuni parlamentari Israeliani hanno sostenuto e determinato il nostro arresto . Essi siedono fra di voi, noi non possiamo.
I tribunali israeliani sono parte integrante di questa occupazione militare e coloniale, che mira ad annettersi sempre più i nostri territori deportando e sostituendo la popolazione. I tribunali militari israeliani hanno espresso negli ultimi anni un tasso di condanne dei palestinesi che va dal 90 al 99 %!

L’ho già affermato e lo ripeto: questo è un regime di apartheid giudiziario in cui l’esistenza e la resistenza dei palestinesi viene criminalizzata, mentre gli israeliani che commettono crimini nei confronti dei palestinesi godono dell’immunità.
Io sono stato condannato da uno di questi tribunali illegittimi.
Io, come rappresentante di un popolo occupato, mi sono rifiutato di riconoscere la legittimità della corte che mi giudicava.
Sono stato condannato dal tribunale della forza occupante a cinque ergastoli e quarant’anni per terrorismo, in quello che è stato denunciato unanimemente dagli osservatori internazionali come un processo farsa.
Nessun paese ha riconosciuto questa sentenza.
Questo è un destino comune a tutti i leader dei movimenti di liberazione della storia mondiale.
Il processo di Rivonia che condannò Nelson Mandela all’ergastolo, non delegittimò né lui come leader né la sua lotta, bensì contribuì a delegittimare il regime di apartheid che lo perseguitava.

Per questo il compagno di Mandela e icona anti-apartheid Ahmed Kathrada ha lanciato la campagna internazionale “Free Marwan Barghouti and all Palestinian prisoners”, come aveva lanciato la campagna “Free Nelson Mandela” dopo aver egli stesso passato 26 anni in carcere.
Per questo egli ha lanciato la campagna proprio dalla cella di Mandela a Robben Island.
Per questo 8 premi Nobel, 120 governi e centinaia di parlamentari,leader, accademici e organizzazioni della società civile hanno aderito all’iniziativa.
Per questo due premi Nobel e diversi parlamenti e parlamentari mi hanno proposto per il premio Nobel per la pace, come gesto di solidarietà con la lotta del popolo palestinese per la libertà.

I detenuti palestinesi hanno sempre subito ingiustizie e violazioni dei loro diritti. Ma negli ultimi anni le autorità israeliane ci hanno tolto anche i diritti che avevamo ottenuto con precedenti scioperi della fame. Era necessario rispondere all’escalation di misure punitive e inumane nei confronti dei detenuti e dei loro famigliari. Abbiamo deciso questo sciopero della fame perché non avevamo altra scelta. Tutti i palestinesi soffrono e patiscono per ottenere i diritti che sono loro negati. I prigionieri palestinesi non sono diversi.
Abbiamo chiamato questo sciopero della fame “Per la pace e la dignità”. Queste due parole hanno un significato profondo per la nostra nazione, che da 70 anni lotta per ottenere pace e dignità.
Ma sono anche patrimonio universale, valori che fanno parte della storia universale e della lotta contro ogni forma di oppressione e asservimento. Valori al centro dell’umanità, indispensabili per la pace.
Non può esserci pace fra oppressore e oppresso, poiché pace e oppressione si escludono a vicenda. Non può esserci pace tra prigioniero e carceriere. La libertà è la strada che conduce alla pace.

Mi rivolgo a voi perché parliate in nome di quelli che Israele sta cercando di mettere a tacere.
Mi rivolgo a voi perché sosteniate i diritti di coloro che sono stati confinati in una cella oscura per essere dimenticati.
Mi rivolgo a voi perché sosteniate le richieste legittime del movimento dei prigionieri palestinesi e il rispetto delle leggi del diritto internazionale.

Mi rivolgo a voi perché sosteniate la libertà e la dignità del popolo palestinese, così che la pace possa prevalere.

Qualcuno forse potrebbe pensare che questa sia la fine e che io morirò qui in isolamento. Ma io so che anche qui in questa solitudine noi non siamo soli. Io so che milioni di palestinesi e molti molti di più nel mondo lottano con noi. E presto ci incontreremo, e saremo liberi.

Marwan Barghouti – 17 aprile 2017

 

 

Scheda informativa sui prigionieri palestinesi in occasione della giornata per i prigionieri palestinesi e dello sciopero della fame “Libertà e Dignità”

 

Nel corso degli anni, Israele ha tenuto centinaia di migliaia di Palestinesi in carcere, per periodi che vanno da diversi mesi a diversi decenni. Da quando, nel 1967, Israele ha occupato la Cisgiordania con Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, circa 800.000 Palestinesi sono stati detenuti nelle carceri israeliane.

Questo numero rappresenta il 20% di tutta la popolazione palestinese dei Territori Occupati e addirittura il 40% della popolazione maschile. Ogni famiglia palestinese è stata colpita dal dramma di avere uno o più dei suoi componenti in prigione. I Palestinesi, quindi, sono stati oggetto di unodei più altitassi di carcerazione del mondo, e rappresentano l’esempio più impressionante di carcerazione di massa per motivi politici di tutta la storia contemporanea.

Solo a partire dall’inizio del 2017, le autorità israeliane di occupazione hanno arrestato 1.597 Palestinesi, tra cui 46 donne e 311 minori di 18 anni. Nel 2016, Israele ha arrestato 6.440 Palestinesi. Oggi ci sono circa 6.500 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.

La politica israeliana di fare arresti arbitrari di massa ha lo scopo di intimidire la popolazione civile e di stroncare la resistenza palestinese. È parte integrante del regime instaurato da Israele per impedire che si realizzi il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese e per perpetuare l’occupazione coloniale e militare di Israele.

Questapolitica si realizza con la complicità del sistema giudiziario israeliano. I tribunali militari israeliani hanno una percentuale di condanna dei Palestinesi che negli ultimi anni ha oscillato tra il 90 e il 99%. Questo dato va confrontato con la quasi totale impunità concessa agli Israeliani che commettono reati contro i Palestinesi. Il sistema giudiziario israeliano è illegittimo e viola la legge internazionale per aver condannato praticamente ogni Palestinese arrestato dalle forze di occupazione isrealiane, compresi minori, difensori dei diritti umani, parlamentari, accademici, leader politici, manifestanti, semplici spettatori, familiari di prigionieri, militanti a cui viene applicata la cosidetta detenzione amministrativa, cioè la carcerazione senza accuse e basata su prove segrete. Questi tribunali sono strumenti dell’occupazione e non organismi per l’attuazione della giustizia.

Israele ha trasferito forzosamente prigionieri palestinesi entro carceri israeliane che si trovano al di fuori del territorio occupato, in violazione del DirittoInternazionale Umanitario. I prigionieri palestinesi vengono privati dei loro più fondamentali diritti, sia a seguito di misure punitive arbitrarie, sia per le pesanti restrizioni al loro diritto di ricevere visite e avere contatti con le famiglie. Dal 1967, più di 200 Palestinesi sono morti nelle prigioni israeliane, o per assassinii extragiudiziali avvenuti sotto tortura o per negligenza medica intenzionale. Queste violazioni sono equivalenti a crimini di guerra e a crimini contro l’umanità, come previsto dalla Statuto di Roma.

I numeri dei prigionieri palestinesi

In aprile 2017Dal settembre 2000
Numero dei prigionieri6.500100.000

Palestinesi arrestati

Numero dei prigionieri donna56

tra cui 13 minori

1.500
Numero di minori30015.000
Numero di carcerati in detenzione amministrativa50027.000

ordini di detenzione amministrativa

Mumero di detenuti appertenenti al PLC (Parlamento Palestinese)1370
Numero di prigionieri detenuti da prima degli Accordi di Oslo29
Numero di prigionieri detenuti da più di 20 anni44
Numero di prigionieri morti 

210

 

Dati forniti dalla Commissione OLP per gli Affari dei Detenuti ed ex-Detenuti, dall’Associazione dei Prigionieri Palestinesi e dall’Ufficio Statistico Palestinese.

 

Questi numeri impressionanti suggeriscono l’esistenza di una politica mirata a intimidire e limitare fortemente la libertà dei Palestinesi. (Rapporto dell’Osservatore Speciale ONU sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati nel 1967. 19 ottobre 2016)

 

Lo sciopero della fame “Libertà e Dignità”

Il 17 aprile, Giornata per i Prigionieri Palestinesi, segna anche l’inizio di uno dei più grandi scioperi della fame degli ultimi 20 anni. È guidato dal leader detenuto Marwan Barghouthi e vi hanno aderito più di mille prigionieri che intendono protestare contro la privazione di quei diritti fondamentali che sono loro garantiti dalla legge internazionale. Il Diritto Internazionale Umanitario mira innanzitutto a proteggere coloro che non prendono parte alle ostilità, cioè i civili, e tutti quelli che sono hors de combat come i prigionieri. Invece di garantire questa protezione ai prigionieri palestinesi, Israele li ha presi come obiettivo principale delle sue violazioni e della sua politica di punizioni collettive.

Lo sciopero della fame è una conseguenza delle molteplici e sistematiche violazioni commesse dall’occupazione israeliana nei confronti dei diritti dei prigionieri e delle gravi infrazioni delle Convenzioni di Ginevra, inclusi –tra l’altro– arresti arbitrari di massa, trasferimenti forzosi di prigionieri nelle carceri che si trovano in Israele, torture, trattamenti disumani e degradanti, così come negligenze mediche intenzionali e misure punitive arbitrarie. I prigionieri, inoltre, subiscono violazioni dei loro diritti di visita e di contatto con i familiari. Negli ultimi anni, Israele ha limitato o revocato alcuni diritti faticosamente conquistati dai prigionieri mediante scioperi della fame. Dopo che le autorità israeliane di occupazione hanno ripetutamente rifiutato di prendere in esame le legittime richieste, basate sul diritto internazionale, dei prigionieri palestinesi, i prigionieri stessi hanno deciso di dare il via al loro sciopero della fame “Libertà e Dignità” per porre fine a questi abusi.

Israele ha la responsabilità di tutelare la vita dei prigionieri palestinesi e deve essere diffidato dall’adottare misure punitive contro gli scioperanti della fame, così come dal fare ricorso all’alimentazione forzata che rappresenta un “trattamento crudele, disumano e degradante” secondo le parole dell’Osservatore Speciale ONU sulla tortura ed altri trattamenti o punizioni crudeli, disumane e degradanti. Israele, che è la potenza occupante, deve prendere in considerazione le legittime richieste dei prigionieri palestinesi per tutta la durata della loro detenzione, e non eccitare gli animi contro di loro e provocare così una escalation.

 

“Il solo modo per porre fine agli scioperi della fame non è quello di alimentare a forza gli scioperanti, ma quello di far fronte alle violazioni dei diritti umani che ne sono la causa e contro le quali essi stanno protestando.”Dichiarazione congiunta dell’Osservatore Speciale ONU sulla tortura ed altri trattamenti e punizioni crudeli, disumane e degradanti e dell’Osservatore Speciale ONU sul diritto alla salute. 28 luglio 2015.

 

Le responsabilità internazionali

Le Nazioni Unite continueranno ad averela responsabilità della questione palestinese fino a che questa non sarà risolta in ogni suo aspetto, secondo la legge internazionale e le delibere attinenti. Il rispetto della legge internazionale e il raggiungimento della pace in Medio Oriente sono passi indispensabili per garantire la pace e la sicurezza internazionali.

La libertà e la dignità dei prigionieri palestinesi sono parte integrante del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, come sancito nella Carta delle Nazioni Unite. La Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che il diritto alla autodeterminazione è un diritto valido erga omnes, cioè tale che, in virtù della sua importanza, tutti gli stati debbano avere un interesse legale al suo rispetto.

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e l’Assemblea Generale ONU, così come le Alte Parti Contraenti e la Corte Internazionale di Giustizia, hanno riaffermato che la Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 sulla Protezione dei Civili in Tempo di Guerra si applica ai Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est. Mentre Israele, come potenza occupante, ha l’obbligo di rispettare scrupolosamente la suddetta Convenzione del 12 agosto 1949, l’articolo 1 condiviso dalle varie Convenzioni di Ginevra stabilisce che “le Alte Parti Contraenti si impegnano a rispettare e a garantire in ogni circostanza il rispetto di questa Convenzione.” Gli stati terzi hanno quindi l’obbligo legale internazionale non solo di astenersi dall’incoraggiare violazioni della legge umanitaria internazionale commesse da altri, ma devono anche prendere provvedimenti per porre fine a violazioni in atto e per prevenire che queste si verifichino, in modo da assicurare il rispetto delle Convenzioni.

La liberazione dei prigionieri palestinesi è anche un indispensabile preludio alla pace, un forte segnale di riconoscimento dei diritti di un popolo e delle sue istanze di libertà, ed è anche l’indicatore più importante della volontà di porre fine all’oppressione e all’occupazione e della volontà di fare la pace.

La solidarietà internazionale

C’è stata una crescente solidarietà internazionale a favore dei prigionieri palestinesi, compresi quelli più vulnerabili e rappresentativi come i minori, le donne, i malati, i difensori dei diritti umani, i parlamentari, e contro le peggiori violazioni dei loro diritti, come la tortura e i trattamenti disumani e degradanti. Svariati scioperi della fame degli ultimi anni sono riusciti a mobilitare il sostegno internazionale per i diritti dei prigionieri e per la loro indispensabile liberazione. Questa solidarietà è culminata con il lancio della Campagna Internazionale per la Liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi, campagna che ha preso l’avvio dalla cella di Nelson Mandela a Robben Island, con la partecipazione dell’icona anti-apartheid Ahmed Kathrada e di Fadwa Barghlouthi e con il sostegno del Governo Palestinese, di leader palestinesi di ogni parte politica e di organizzazioni palestinesi e internazionali per la difesa dei diritti umani. La Campagna e il suo documento costitutivo, la Dichiarazione di Robben Island, hanno ricevuto il sostegno di 8 Premi Nobel per la Pace, di 120 governi di tutto il mondo e di centinaia di leader, parlamentari, accademici, artisti, nonché di migliaia di cittadini. La campagna, che si ispira alla campagna per la liberazione di Mandela, è diventata la più grande manifestazione del sostegno internazionale alla giusta causa palestinese. Così come avvenuto in Sud Africa, la mobilitazione internazionale è cruciale per ottenere la liberazione dei prigionieri, passo indispensabile per la libertà del popolo palestinese e per la pace.

 

“Così come l’impegno internazionale portò alla liberazione di Nelson Mandela e di tutti i prigionieri anti-apartheid, noi crediamo che la comunità internazionale debba contribuire ad assicurare la liberazione di Marwan Barghouthi e di tutti i prigionieri palestinesi, essendo questa una parte integrante della sua responsablità ad assistere il popolo palestinese nella realizzazione dei suoi diritti.” Dichiarazione di Robben Island.




(28 aprile 2017)

 

 

 

 

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