di Giovanna Di Rosa
Richiesta di rinvio a giudizio per 14 esponenti della Casta dell’Onestà e di processo per 3 di loro, quelli che stavano seduti a Roma e postavano incongruenze su Twitter accusando tutto l’accusabile e puntando il dito contro chiunque ritenessero dovesse essere il loro bersaglio: sono i favolosi esponenti del M5S protagonisti dello scandalo delle firme false a Palermo per le Comunali 2012.
Tra loro i deputati Riccardo Nuti (che si è sempre rifiutato di risponde ai giudici), Giulia Di Vita e Claudia Mannino e gli altri favolosi esponenti della moivimentatura pentastellata Samantha Busalacchi, il marito di Claudia Mannino, Pietro Salvino, quindi Riccardo Ricciardi (marito della deputata Loredana Lupo, non è coinvolta nel caso). E’ indagata anche Clauida La Rocca, deputata regionale, che ha collaborato con la procura di Palermo fin dall’inizio svelando una mole considerevole di retroscena; quindi l’altro deputato regionale Giorgio Ciaccio, pure lui ha collaborato e pure lui è nella lista degli indagati. Chiesto il processo pure per altri candidati del 2012, Giuseppe Ippolito, Stefano Paradiso, Toni Ferrara e Alice Pantaleone, poi per l’avvocato Francesco Menallo, ex militante M5S, e per il cancelliere Giovanni Scarpello, che attestò l’autenticità delle firme che vennero redatte in una notte per riuscire a presentare in tempo le liste.
Il quotidiano La Repubblica parla di due capi d’imputazione. Nel primo viene contestato agli attivisti M5S di aver materialmente falsificato le firme, o comunque di averne beneficiato (Nuti). L’ altra accusa riguarda il cancelliere e l’ avvocato. I reati contestati riguardano la violazione del testo unico regionale in materia elettorale.
Nessun commento, al momento in cui scriviamo da Luigi Di Maio impegnato in dichiarazioni discutibili su questioni di percentuali con non meglio identificati cittadini romeni, né da altri cittadini tutti coerenza ed onestà.
(13 aprile 2017)
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