
di Il Capo
Eccolo “il nuovo” del quale avremmo anche potuto fare volentieri a meno: dopo avere scatenato l’inferno nel PD per fare fuori colui che “non aveva più il consenso della base” ed avere scoperto con una batosta del 68,2% circa che invece “il consenso della base” Matteo Renzi ce l’ha e probabilmente non solo di quella, Andrea Orlando, candidato segretario con quasi nessuna possibilità di vittoria, ha reso noto di che pasta sono fatti coloro che non vogliono Renzi tra i piedi. Orlando non è diverso da Bersani, da D’Alema, da Emiliano, non è diverso nemmeno dal M5S. E’, meglio, uguale a coloro che sono andati a dire “No” per liberarsi del segretario. I voti della base dei 4mila circoli PD d’Italia hanno dato loro torto. Ora dovranno affilare le armi e vincere il 30 aprile, oppure costituirsi nel partitino dei perdenti noto come Mdp ed andare a languire dove muoiono i poveracci.
Va detto che Orlando non parla apertamente di scissione. Ciò che succede è che riprende i toni – non ritenuti sufficientemente perdenti – del buon Bersani, e ripete la solita solfa del paese alla fame, delle orribili condizioni di vita degli Italiani, del terribile divario tra ricchezza e povertà, cose delle quali si è accorto da poche settimane, evidentemente, essendo forse prima colpito da quella cecità della quale parlava lo straordinario Saramago.
Lo fa nel momento peggiore: proprio il giorno successivo non solo alla sua sonora prima sconfitta, ma anche il giorno successivo ai dati Istat che dicono più che bene. A che gioco stanno giocando?
A nessun gioco. Di giochi non ne hanno più e sono incapaci di giocare. Ciò che sanno fare è puntare i piedi e gridare al lupo e minacciare chi viene democraticamente eletto, scelto, da quella base del partito della quale fingono di essere i paladini. Posto che il 30 aprile ci sia una nuova ondata di voti favorevoli a Matteo Renzi, Orlando avrà perso tre volte: quando si è candidato come ministro in carica, quando ha venduto la pelle prima di aver catturato l’orso e quando si è spacciato per il leader della futura minoranza PD. Se c’è qualcuno che esce rafforzato dentro il PD da tutta questa storia, oltre naturalmente a Matteo Renzi, quell’uomo è Sergio Lo Giudice. E non è affatto detto che sia un male.
(3 aprile 2017)
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