di Il Capo
Non è proprio per voler fare della polemica a tutti i costi, gratuita e contro qualcuno. Del resto c’è già chi l’ha fatta. Qualche esponente del PD tra i 19 che hanno votato contro la decadenza di Augusto Minzolini dalla carica di Senatore, parlava stamane su una delle reti di Padre Silvio da Arcore di fumus persecutionis, rendendo chiarissimo che in questo paese – e sono troppi gli esponenti politici che la pensano in questo modo – ci sono sempre due pesi e due misure.
Sono stati 137 voti a favore, 94 contrari e 20 astenuti quelli relativi all’ordine del giorno presentato da Forza Italia con cui si chiedeva di respingere la delibera della Giunta per le elezioni e le immunità favorevole alla decadenza di Minzolini per “incandidabilità sopraggiunta” in applicazione della legge Severino in seguito alla sentenza di condanna a due anni e sei mesi di reclusione per peculato, per l’uso indebito della carta di credito aziendale di cui il parlamentare azzurro aveva disponibilità come direttore del Tg1.
Prima di essere accusati di giustizialismo, chiariamo che la sentenza è definitiva e confermata dalla Corte di Cassazione, non si capisce quindi come mai ciò che vale per Berlusconi, ad esempio, non valga per Minzolini. La giustificazione dell’esponente PD che in mattinata (17 marzo, ndr) parlava di persecuzione ai microfoni del TG5 francamente ci sembra risibile, soprattutto perché rende assai poco credibile l’operato di un partito che vota a favore della decadenza di uno, condannato con sentenza definitiva, e contro la decadenza di un altro, condannato con sentenza definitiva. La coerenza istituzionale, cioè il rispetto della Legge che dovrebbe essere uguale per tutti, dove la mettiamo? Non vogliamo che la gente sia condannata per il gusto della condanna, ma se la sentenza è definitiva e c’è una legge che prevede la decadenza da incarichi pubblici nel caso di condanna definitiva, non rispettarla significa sputare in un occhio ai cittadini.
(17 marzo 2017)
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