di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
Qualche breve appunto per cominciare a ‘smontare’ le svariate e molteplici assurdità, messe in circolazione in tutta Europa, intorno alla questione di un ritorno alla sovranità monetaria. Innanzitutto, per quel che riguarda l’Italia, la resurrezione della lira non significa affatto che la Banca d’Italia possa stampare moneta ogni qual volta se ne senta la necessità. Sin dal 1981, infatti, vige una legge, varata dall’allora Governo Forlani, che ha stabilito il ‘divorzio’ tra Bankitalia e ministero del Tesoro. Tale norma, che negli anni ’80 del secolo scorso permise al Paese di sconfiggere un tasso inflazionistico assai vicino al 20%, vieta inderogabilmente allo Stato di rifinanziare il proprio debito, mediante l’emissione di nuova carta moneta. Ciò vuol dire che, nel caso di un nostro ritorno alle valute nazionali, non soltanto il debito pubblico continuerà a ossessionare ogni manovra di spesa dello Stato, mutando di poco o nulla le nostre già scarse possibilità d’investimento, ma con la messa in circolazione di una moneta fortemente svalutata, esso tornerà a crescere vertiginosamente e gli interessi per pagarlo cominceranno, via via, a pesare in maniera incontrollata. In secondo luogo, la retorica di un’Europa prigioniera delle ‘lobbies’ è totalmente falsa: la polemica contro la Ue che ci impedirebbe di tornare alla crescita è volutamente messa in piedi dagli ambienti delle destre più conservatrici e reazionarie, vincolata alla promessa di aprire nuovi ‘spazi fiscali’ di abbattimento delle tasse (il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, lo afferma espressamente). Quest’ultimo ‘punto’, quello di una taglio effettivo e concreto di balzelli e tributi, sarebbe economicamente corretto, per far ripartire le economie interne dei singoli Stati. Ma siccome tale livellamento verrebbe attuato ‘da destra’, dunque in forme ‘classiste’, esso scaricherebbe i propri ‘costi sociali’, per l’ennesima volta, su salari e pensioni. Ovvero, esattamente quanto avviene oggi grazie alle politiche di austerità del Ppe. In pratica, si tornerebbe alla situazione precedente alla nostra entrata nell’Eurozona, senza nemmeno l’aiuto di un sistema monetario europeo – il vecchio ‘serpentone’, che oggi non esiste più per via dell’euro – il quale, attraverso svalutazioni controllate, evitava la ‘polverizzazione’ dei risparmi bancari dei cittadini. Evenienza, quest’ultima, che diverrebbe molto probabile, nel caso l’Italia decidesse di uscire dalla Ue. Anche l’idea di un rilancio delle esportazioni, che in una prima fase risulterebbero avvantaggiate da una moneta debole, nel medio-lungo periodo vedrebbe i mercati degli altri Paesi reagire, imponendo dazi protezionistici come, peraltro, vuol fare già oggi il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. In pratica, anche gli effetti positivi di un ritorno alla vecchia ‘liretta’, nel breve volgere di un trimestre andrebbero in fumo, riportando il Paese in depressione. Che è esattamente quanto capitato, nell’estate di un paio di anni fa, alla Grecia, la quale si ritrovò costretta ad accettare l’aiuto della Banca centarle europea, al fine di poter riprendere a erogare ai risparmiatori il denaro che questi avevano versato sui conti correnti delle proprie banche. Attenzione, dunque: l’Europa va difesa a ‘spada tratta’. E va smontata, pezzo per pezzo, la menzogna diffusa dalle destre reazionarie in tutta Europa. E’ giusto teorizzare un abbassamento delle tasse, al fine di poter ridare ‘ossigeno’ alle piccole e medie imprese. Ma questa cosa va fatta ‘da sinistra’ e non ‘da destra’, se si vuole veramente innescare una redistribuzione delle risorse che dispieghi i propri effetti sulla domanda di consumo in termini di economia reale. Una manovra che si può fare anche rimanendo nell’euro e con il sostegno dei sindacati. In ogni caso, quel che conta maggiormente, allo stato, è far comprendere ai cittadini, soprattutto italiani e francesi (gli spagnoli lo hanno già capito da un ‘pezzo’…) una questione tutto sommato semplice da spiegare: una mezza verità, quando viene espressa in forme ‘ribaltate’ a fini di strumentalizzazione elettorale, non diviene affatto un’altra verità, bensì resta comunque una menzogna. Una bugia grossa come una casa, basata sul presupposto di cercare di mettere i cittadini contro il proprio stesso Paese pur di poter tornare a una gestione finanziaria dello Stato molto allegra e ‘buffarola’, come si dice a Roma, che aiuterebbe solamente gli ‘amici’ e gli ‘amici degli amici’: eccolo qui, il vero ‘neo-feudalesimo’! Lo Stato siamo noi. E chi dice il contrario è solamente un povero ‘dissociato’ mentale, che si professa nazionalista e ‘sovranista’ per motivi di potere puramente di ‘facciata’.
(2 marzo 2017)
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