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Aurelio Mancuso, “Le Iene” contro Unar: “Certa stampa monta vere e proprie persecuzioni”. Nostra intervista

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di Paolo M. Minciotti

 

 

 

 

 

Dopo l’articolaccio della destra becera e viscida che colpisce a casaccio per qualche copia in più intitolato “Inchiesta choc de Le Iene: Palazzo Chigi finanzia prostituzione gay”, dove si riferisce sulla base di una testimonianza anonima a un finanziamento dell’UNAR  ad una associazione che presuntamente finanzierebbe la prostituzione, siamo andati a parlare con Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, per indagare sulle ragioni per le quali certa stampa straccia continua a cercare lo scandalo dove non c’è, invece di raccontare le cose – quelle che ci sono non quelle che potrebbero esserci – con serietà ed obbiettività. Nostra intervista.

 

Eccoci dunque all’ennesimo scandaletto sul sesso a pagamento gay e sulle associazioni che lo promuovono dietro finanziamento pubblico. Lei cosa dice di tutto questo?
Intanto bisognerebbe avere la correttezza di informarsi bene sulla storia dei circoli ricreativi, sulla normativa vigente, sui tentativi, quasi tutti andati a vuoto di chiudere nel corso di trent’anni le associazioni private. Le Iene non si sono preoccupate di fare buon giornalismo, ma di presentare un servizio frullatore, dove si mischiano molte questioni differenti fra loro. Ho sempre pubblicamente difeso, quando ho avuto incarichi in Arcigay, la presenza di circoli dove le persone potessero incontrarsi, conoscersi, fare sesso. Il moralismo è un male cui purtroppo ciclicamente bisogna rispondere con fermezza. Detto questo gli organismi preposti, ad iniziare da Unar, verifichino se la mission contenuta negli statuti delle associazioni iscritte al suo albo, sia coerente con le attività che si svolgono realmente. Faccio un esempio per capirci meglio: Arcigay aveva fino a qualche anno fa una cinquantina di comitati territoriali politici, con comprovata attività sociale e culturale e una ottantina di circoli ricreativi affiliati, saune, discoteche, cruising. Questi ultimi, attraverso il pagamento di una parte della quota tessera e, anche in alcuni casi contributi per attività come i Pride o campagne sulla prevenzione Aids ecc, sostenevano nei fatti la più grande associazione gay italiana, dando forza alle comuni battaglie del movimento. In questo quadro finanziamenti pubblici per progetti sociali, non solo sono stati svolti, ma hanno portato a ottimi risultati. Oggi la situazione è diversa, Arcigay da come so ha pochissimi circoli affiliati e, il circuito ricreativo si è staccato dando vita a una nuova sua associazione. Non essendo più nel movimento lgbt, non sono informato di come sia strutturata questa nuova entità, quindi, va capito se poteva accedere ai finanziamenti pubblici.

 

Abbiamo, come quotidiano co-organizzatore di eventi, goduto del patrocinio gratuito di UNAR per una delle nostre manifestazioni e siamo certi della serietà con la quale i progetti vengono vagliati. Come è possibile accusare con tanta leggerezza di finanziare la prostituzione?
Tra quelle 29 associazioni ci sono realtà molto differenti fra loro, alcune, per scelta non hanno mai richiesto finanziamenti all’Unar, è il caso di Equality Italia, che essendo una rete di lobbismo sociale, le sue attività se le auto finanzia o le organizza con istituzioni o enti privati. Siccome sono certo che Gaiaitalia.com abbia svolto tutto nel pieno rispetto delle regole, penso che anche l’associazione protagonista di questa vicenda, abbia avuto il buon senso di organizzare tutto nei termini previsti. Rimane il fatto che nella comunità lgbt, non si sia mai sciolta l’ambiguità rispetto alla eccessiva interconnessione tra attività ricreative e quelle propriamente culturali e sociali. La normativa vigente in Italia è oggi più stringente di un tempo, ma non sufficientemente chiara. Se io difendo una storia che ha permesso di avere le risorse necessarie per affrontare battaglie civili difficilissime, allo stesso tempo non nego che sul ruolo dei circoli ricreativi c’è sempre stata una discussione molto accesa dentro il movimento lgbt. Questa storia, che ahimé sembra non rammentare più nessuno, racconta di come i circoli ricreativi hanno assicurato attraverso l’esclusività dei propri soci (tramite la tanto contestata tessera) sicurezza, tutela della privacy, servizi. Non tutto è stato positivo, troppe cose sarebbero dovute cambiare, ma nella sostanza, (come anche le forze dell’ordine sanno) questi luoghi hanno permesso a varie generazioni di crescere meglio. Oggi il mondo è cambiato e, spero che anche queste associazioni abbiano compreso, che la gran parte della comunità lgbt non sente più come necessari luoghi che non si rinnovano. Anche se giovani e giovanissimi alle prime esperienze e soprattutto gli anziani (di cui nessuno mai parla) ritengono invece ancora utile relazionarsi in ambiti protetti.

 

Esiste la prostituzione nei locali gay o è la solita pruderie all’italiana?
La mia esperienza mi dice che la prostituzione è in alcuni casi esistita e fu sanzionata duramente dalla magistratura (dovremmo avere il coraggio di aprire una seria discussione sul tema, ma finché sono in vigore alcune leggi, bisogna rispettarle). Nella gran maggioranza dei casi la stampa ha montato delle vere e proprie persecuzioni e, poi tutto finì in nulla, con tanto di assoluzioni. Anche in questo caso specifico, se vi sono le prove, le Iene devono andare alla magistratura, non sostituirsi ad essa, e lasciare che la giustizia faccia il suo corso.

 

Se sì, perché?
Inutile girarci intorno, è la gestione dei circoli ricreativi che fa la differenza. Se si sta attenti, si attuano misure preventive, la prostituzione può rimanere fuori dalla porta, se invece si hanno atteggiamenti lassisti o peggio complici, allora non ci si deve stupire. Soprattutto in alcune tipologie di circoli, quali le saune o i cruising, la possibilità che sia presente la prostituzione è da mettere in conto, anche se devo dire che la stragrande maggioranza delle persone cerca relazioni e rapporti sessuali liberi e consenzienti.

 

Perché queste testimonianze sono sempre anonime?
Perché come al solito si ha paura delle proprie azioni. Mi spiace, ma nel 2017 le denunce anonime, fatte in video di spalle, sono sintomo di vigliaccheria.

 

Cosa risponderebbe a quello che noi abbiamo chiamato “anonimo delatore”?
Gli direi: vai alla magistratura, altrimenti sei complice di una campagna stampa che vuole colpire non tanto il singolo episodio, ma una intera comunità, guarda caso, quando con grande fatica si è conquistata le prime timide tutele.

 

 

(20 febbraio 2017)

 




 

 

 

 

 

 

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