di Mila Mercadante twitter@Mila56170236
“Il potere reale procede senza di loro: essi non hanno più nelle mani che quegli inutili apparati che – di essi – rendono reale nient’altro che il luttuoso doppiopetto” Pier Paolo Pasolini – 1975
“In Germania, i sentimenti populisti e nazionalisti sono rappresentati dalla Merkel” Romano Prodi, 2013, su L’Espresso
L’esperienza, una volta considerata un valore, non ha più alcun senso e alcuna utilità nel mondo del lavoro. Tanto dura poco e devi cambiarlo di continuo. Non ha più senso neanche il tempo che un dipendente impiega per imparare un mestiere, per abituarsi ai ritmi, ai meccanismi e alle regole che determinano il buon funzionamento della fabbrica, dell’azienda, del laboratorio. Tanto i contratti a tempo indeterminato sono chimere. Esperienza e apprendistato sono dunque cose che appartengono a un passato che non torna più, e che è stato spazzato via con la memoria. Siamo parte di un sistema che è immemore perché il suo scopo è il totalitarismo, l’antitesi della pace sociale e della pace tout court. Lo sviluppo che il liberismo ha prodotto è basato sullo sfacciato predominio di chi opprime. Non vi è possibilità di rivincita.
Le riforme, che da anni vengono richieste a gran voce e millantate come mezzi per progredire, migliorare e risanare, sono il cappio al collo dei cittadini ma anche dei governanti, dei capi di Stato, dei Presidenti: con l’attuazione delle riforme questi servi di scena s’impiccano per lasciare il posto a un altro cane da presa che nel giro di pochissimi anni perderà consensi e voti, esattamente come i predecessori. Renzi, Tsipras, Hollande sono esempi lampanti del medesimo destino: sarebbero stati dei buoni capi di governo se solo avessero fatto tutte quelle cose che prima di diventare capi di governo dicevano di voler fare e se solo avessero evitato di fare tutte quelle cose che prima di diventare capi di governo dicevano che non avrebbero mai fatto. Tenuti al guinzaglio perché eseguissero il dettato, hanno ottenuto velocemente la disaffezione degli elettori, traditi nelle aspettative. La catena che li imbriglia è il principio di un’identificazione totale e irrimediabile col potere finanziario e mercantile che impedisce la creazione di soggetti politici autonomi in grado di fare la storia, se non altro la storia del loro paese. Un conto è svolgere un ruolo assegnato, un conto è governare, decidere, fare bene, soddisfare i bisogni leciti e naturali degli individui, pacificare la società. Un governante che oggettivamente non ha alcuna possibilità di disobbedire agli ordini illogici che gli vengono impartiti fallisce perché dipende direttamente dalle connessioni col potere finanziario internazionale.
Pacificare e “assestare” sul piano qualitativo uno Stato e un popolo non è possibile se si segue alla cieca una dinamica che è insaziabile e che è totalmente irrazionale perché non ha scopo. Quale scopo, quale giusto e sano fine ci vedete in questa ruota che gira all’impazzata soltanto per garantire il rafforzamento del già troppo forte sul debole? Senza conciliare si va speditamente verso il totalitarismo. Questo spettro viene evocato molto spesso proprio da coloro che lo nutrono: non fanno che dirci che il pericolo è dietro l’angolo, che le masse sono in piena mutazione antropologica e sono disposte a votarsi al “male”. Questa è lo stereotipo del quale si servono media e politica: riversano ogni responsabilità su coloro che esprimono il rifiuto di una situazione gravemente compromessa e insopportabile. Se le cause reali di un problema vengono totalmente ignorate oppure – peggio ancora – se vengono indicate come soluzioni che il popolo ha malinteso, si afferma l’inessenza della società in sé, perché la risposta psicologica delle masse ai problemi non è più considerata una reazione razionale bensì un elemento indecifrabile, astratto, stupido, privo di relazioni e di intrecci con i più ampi contesti politici ed economici che hanno causato l’avversione. Coloro che lanciano l’allarme sono coloro che impongono modelli ai quali bisognerebbe corrispondere con rassegnazione, perché secondo il racconto abituale l’alternativa a tali modelli sarebbe inesistente, oppure sarebbe rappresentata dall’abdicazione a un altro potere, quello si pericolosissimo. Su scala locale tale pericolo viene individuato nelle opposizioni, su scala globale il generatore instancabile di populismo e false notizie, il sostenitore occulto dei partiti di destra, l’uomo capace di deviare voti oltreoceano e in Europa è Putin, designato altresì come il carnefice di Aleppo. La guerra fredda è in pieno revival, e noi cittadini del nord e del sud del mondo – utili idioti di questa tragicommedia – siamo il terreno di gioco.
(22 dicembre 2016)
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