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Gli indigeni italiani vogliono fare solo quello che cxxxo gli pare e vedono nemici dappertutto

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Cancellare le facce dei protagonisti di questo orrido episodio non è un atto di censura, ma di compassione
Cancellare le facce dei protagonisti di questo orrido episodio non è un atto di censura, ma di compassione

di Il Capo

 

 

 

 

 

I fatti di Goro evidenziano la spaventosa tendenza degli indigeni del nostro paese a cercare con i soprusi e le ingiustizie di “fare giustizia” (scusate la ridondanza) di ciò che loro ritengono di avere subito, in una sorta di vendetta tra poveracci che riporta al “ciò che non posso avere io nemmeno tu devi averlo”, cioè: “Se io non ho lavoro e non godo di ciò che ritengo essere un mio diritto perché tu straniero dovresti?”, e via con le barricate. La vicenda del ferrarese, con tutto il contorno di cordoglio e di giudizi e di “mi vergogno ad averli come concittadini” evidenzia un paio di cose che non andrebbero sottovalutate: la prima è che lo Stato si è calato le braghe di fronte ad un gruppo di facinorosi che ritengono che la terra sulla quale vivono sia di loro proprietà, probnabilmente in nome di una pace sociale che dopo questo episodio non esisterà più; la seconda è che da ora, da ieri, qualunque gruppo, politico e non, gruppuscolo o singolo, si sentirà autorizzato a fare quello che cxxxo gli pare, con qualunque mezzo, per difendere ciò che ritiene essere “suo”. Con tante condoglianze alla pace sociale e allo Stato che si è calato le braghe.

 

L’indigeno dell’italico suolo è molto sensibile a fare rispettare la giustizia, conosce perfettamente i confini del proprio territorio, ma non manifesta la stessa sensibilità e la stessa capacità di vedere i confini quando è lui a non rispettare la giustizia (tanto è sempre colpa degli altri) e ad invadere i confini altrui. Limitare la libertà di movimento di profughe regolarmente accettate dallo Stato è non conoscere i confini del proprio territorio ed avere un profondo disprezzo per la giustizia che si ritiene di difendere. Quando alle azioni disgustose come quelle del 25 ottobre si aggiunge poi una festa in piazza con tanto di barbecue, birra e divertimento, inneggiando allo “scampato pericolo” e si pronunciano parole televisate come “Noi non siamo razzisti, c’è dietro qualcos’altro” vuole dire che  il complottismo non è frutto di menti abili che lo trasmettono, ma di teste vuote che se lo inventano perché è grazie a quel complottismo che possono giustificare i loro fallimenti, la loro incapacità, la loro insipienza, la loro ignoranza da stadio, il loro – last but not least – profondo fascismo culturale. A questa gente non serve spiegare che un giorno potrebbero essere profughi a loro volta, il loro pensiero non arriva a tanto, non ha la capacità di valutare la portata di un’azione, non conosce il concetto di causa-effetto.

 

E’ stato un pessimo affare per lo Stato italiano permettere che a Goro succedesse il 25 ottobre ciò che è successo. Rischiamo di vederne gli effetti nelle prossime settimane. E speriamo di sbagliarci.

 

 

 

 

 

(26 ottobre 2016)

 

 

 

 

 

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