di Filomena Filippetti
Le Olimpiadi Rai? Il caos più totale. Un continuo passare da un canale all’altro cercando di rendersi conto, contro ogni logica, di quale stesse ttrasmettendo cosa, in che orari, quali fossero repliche e quali dirette. Impossibile rendersi conto degli orari delle gare che non fossero i grandi appuntamenti con Pellegrini, Paltrinieri, Detti o Usain Bolt: più che benvenuti naturalmente, ma dove erano i meravigliosi break che annunciavano “alle ore XXXX nuoto”? Forse anche la consuzione Rai è stata dettata dalla confusione a Rio De Janerio della quale tutti parlavano prima delle Olimpiadi e della quale ora nessuno parla più. Miracolo nei miracoli.
Un discoso a parte meritano gli speaker, i commentatori: dallo straordinario Franco Bragagna che in una frase dice tutto ed il contrario di tutto, interrompe i suoi collaboratori che dovrebbero sciorinare dati tecnici, anche interessanti, si inventa nomi di nazioni e relativi cittadini, cede la parola a Tilli per poi togliergliela e si bea della sua straordinaria pronuncia di tutte le lingue, alle altrettanto straordinarie – e straordinariamente improbabili – traduzioni di Elisabetta Caporale che non ne prende una, traduce a braccio quello che le pare (normalmente meno del 30% di quello che l’atleta ha detto) e viene regolarmente corretta dal buon Bragagna. Patetico. Ci sono poi gli urlatori della pallanuto, del volley, del beach volley, del setterosa, del ciclismo e di tutte le discipline dove gli italiani sono arrivati più o meno alle medaglie: verbi improbabili, commenti tecnici da dimenticare, confusione tra un nome e l’altro e – soprattutto – grida, grida insopportabili che vanno molto al di là del tifo. Fanno pensare quasi ad un accordo per sembrare (o essere) sempre più finti. Capitolo a parte meriterebbero i giornalisti in pedana che corrono a porre domande di rara imbecillità all’atleta che ha appena vinto o perso, ma noi vogliamo bene ai nostri lettori anche se non ci pagano un canone, così che risparmiamo loro questo altro sussulto d’orrore.
Tra le varie brutture scintille di rara bellezza: la nuotata di Federica Pellegrini, dea dell’acqua, che corona con un quarto posto una carriera strabiliante; i due terzi posti di Gabriele Detti, bello nell’acqua e fuori. Gregorio Paltrinieri che vince un oro pazzesco sui 1500sl (e per molto tempo lo vincerà) e non si rende conto che stava battendo il mondiale; il grandissimo primato del mondo sui 400m piani di Van Niekerk (43″03), le 24 medaglie d’oro di Michael Phelps, i record del futuro di Katie Ledecky e della rana maschile e poi Usain Bolt. L’uomo che corre come dio, e come un dio pacioccone e buono si regala al pubblico, ha dato ancora prova della sua assoluta imbattibilità vincendo senza sforzo e senza avversari 100 e 200 per la terza Olimpiade consecutiva, e portando la sua Giamaica alla vittorio nella 4×100 (senza di lui avrebbe vinto il Giappone).
Per fortuna, al di là dell’orrore di dover passare da un canale all’altro cercando ciò che si poteva trovare durante lunghe notti insonni finite attorno alle 5 del mattino per due settimane (e questo giornale non è andato in ferie), ci sono stati questi squarci di straordinaria bellezza che hanno superato le orribili telecronache Rai, i suddetti telecronisti, le incongruenze, lo streaming che andava e veniva, i telegiornali di Rai2 che ve li raccomando, le informazioni sbagliate e le ridondanze di Bragagna. Appuntamento a Tokio 2020, là non saremo 6 ore indietro, ma 8 ore avanti. Significherà non andare a letto all’alba dopo avere seguito le gare, ma svegliarsi all’alba per seguirle.
(22 agosto 2016)
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