di Paolo M. Minciotti
E’ un giornalista sedicente eterosessuale, l’imbecille che è si è creato un profilo falso su Grindr (deontologia professionale ai massimi) e, dalle Olimpiadi di Rio De Janeiro, ha poi raccontato di quanti e quali atleti (con particolari sufficienti a riconoscerli, poco importa se molti di loro provenivano da paesi dove l’omosessualità è punita anche con la morte) lo hanno contattato chiedendogli incontri e sesso. Una vicenda di estremo squallore che ha portato gli editori del The Daily Beast, per la prima volta nella loro storia, a rimuovere un articolo e a chiedere scusa ai lettori. Il giornalista, che ha un nome e un cognome, ma che definiremo soltanto “imbecille”, ha avuto la triste idea di indicare, per ogni atleta dal quale è stato contattato, nazionalità e disciplina sportiva, tanto per gradire, incurante di quanti e quali guai avrebbe potuto procurare con la sua delazione gratuita. Rimosso l’articolo, e pubblicato il nostro, ci aspettiamo reazioni da parte della popolazione LGBT che legge il nostro quotidiano (anche se per la pessima abitudine che abbiamo di dire ciò che pensiamo, non siamo molto popolari tra di essi): reazioni indignate, di rabbia, di sconcerto, di sorpresa. Reazioni di condanna. Consiglieremmo di non stupirsi, perché la splendida medaglia d’argento di Rachele Bruni, anche grazie ad una certa maniera di vedere le “cose” LGBT delle stesse persone LGBT, è scomparsa per lasciare il posto alla dedica alla sua compagna, perché naturalmente in Italia – anche a causa di modus pensandi delle persone LGBT – con chi vai a letto, con chi vivi e chi ami è molto più importante di tutto ciò che fai con sforzo e dedizione, tipo salire sul podio all’Olimpiade.
(17 agosto 2016)
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