di Giovanna Di Rosa
Con un’intervista che ha lasciato di stucco i suoi milioni e milioni di votanti, il leader della sinistra di tutte le Italie, l’ex sindacalista, ex leader CGIL, ex Pd (perché trombato alle primarie in Liguria), ex sindaco, ex candidato (poi trombato) alle primarie in Liguria, già fondatore di Sinistra Italiana, ha dichiarato al Vangelo secondo Travaglio, di non avere più un partito. La notizia ha provocato, capirete, un certo sconcerto in quei trenta o quaranta che ancora si riconoscono nel verbo cofferatiano.
Cofferati ha giustificato il suo divorzio da Sinistra Italiana, che aveva contribuito a fondare qualche mese fa, avvallando la disastrosa candidatura di Stefano Fassina, con l’assunzione di “impegni che poi sono stati disattesi”. Francamente di questi impegni non abbiamo notizie, così come non c’è stata notizia di una sola proposta sensata di Sinistra Italiana, ma l’uomo è così. Vuole dire al mondo perché se ne va. Proprio come se al mondo interessasse Cofferati. E’ vero che Fassina aveva promesso sfracelli, ma l’impegno era stato disatteso al momento della sua enunciazione. Cofferati poteva scegliersi un altro candidato.
Il sospetto, per noi che siam maligni, è che a Cofferati invece bruci non avere la poltrona che ritiene dovere essere sua. Gran brutta bestia l’ambizione. All’ex sindaco di Bologna, popolare come un mal di pancia nel deserto, desiderato come un rigurgito notturno dopo una sbornia, ricordato come si ricordano incubi che vogliamo cancellare al nostro risveglio, piace l’arrovellarsi sul perché e percome delle cose, cioè sul perché e il percome dell’essere stato osannato da mezza Italia ai tempi della CGIL. Ora Cofferati trovossi, ahimè, senza nessuno che gli offra un incarico degno del suo rango… Che so: segretario generale dell’ONU. Nemmeno per toglierselo di mezzo. Sic transit gloria mundi.
Ma Cofferati è uomo di aforismi: “Se la sinistra non è riuscita a raccogliere 500mila firme (si riferisce al referendum) vuole dire che non ha un’identità con cui proporsi alla gente”, perché non basta il 4% stabile (quando va bene) a tutte le elezioni, per capirlo. No. Ci vuole il ragionamento di Cofferati. Che continua, tanto basta aprir bocca: “Il problema è chiarire cosa sei e cosa vuoi”. Che detto da uno che in un paio d’anni ha cambiato quattro formazioni politiche è quasi un’ammissione di colpevolezza. Cofferati poi aggiunge, ed è l’epitaffio, che chi vota “No” al referendum è di sinistra.
Sappiano gli amici di Sinistra Italia, del Partito Comunista appena rifondato e di tutte le altre Sinistre possibili che Cofferati ha appena legittimato come uomini di sinistra anche Salvini e Brunetta: perché chi vota “No” è di sinistra. Ed è evidente che non ci possono essere discussioni di fronte alle parole di sì autorevole “ex”.
(17 luglio 2016)
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