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Beppe Grillo telefona a Virginia Raggi: si capisca quanto conta una Sindaca da quasi 800mila voti in casa 5 Stelle

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foto: ANSA/MASSIMO PERCOSSI
foto: ANSA/MASSIMO PERCOSSI

di Il Capo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se addirittura Il Fatto Quotidiano titola Virginia Raggi, giunta nel caos. Beppe Grillo chiama la sindaca di Roma, forse qualcosa che non va c’è. Non che ci fossero dubbi. Non che fosse segreto lo scannatoio a 5 Stelle della capitale dove Raggi e Lombardi si amano tanto e forse più di Salvini e Renzi.

 

Scrive il quotidiano che sa tutto, della telefonata di Beppe Grillo a Donna Raggi dei Miracoli, già delle Funivie; telefonata che giunge come quella di un padre che in qualche modo ti sei tolto dai coglioni, ma con il quale hai ancora interessi in comune così complicati da permettere al padre di intervenire, con ingerenze inopportune a volte, e di riportarti dove ti aveva detto di stare. Il buon padre lo fa per amore.

 

Così che dopo avere pazientato a lungo Beppe Grillo ha telefonato al sindaco Virginia Raggi e le ha recapito un messaggio chiaro: “Devi rimuovere il tuo vice-capo di gabinetto, non va bene, non ce lo possiamo permettere”. Non può reggere la nomina di Raffaele Marra, vicino a Gianni Alemanno, con cui lavorò già ai tempi in cui l’ex An era ministro dell’Agricoltura, e che lo volle con sé in Campidoglio, come direttore dell’ufficio delle Politiche abitative.

 

Invitiamo i nostri lettori a prendere nota delle motivazioni del Vate a 5 Stelle che non fanno nessun riferimento alla storia di Raffaele Marra, ma si limitano al sibillino “non ce lo possiamo permettere”.

 

Racconta il Vangelo Travaglino, noto anche come Il Fatto Quotidiano, che i parlamentari romani del M5s erano saltati sulle sedie mercoledì, il giorno dopo la sua nomina, quando avevano letto sui giornali la sua storia: partita all’Unire con Franco Panzironi, l’ex ad di Ama (la municipalizzata dei rifiuti), condannato in primo grado a 5 anni e 3 mesi per abuso e falso ideologico. Poi due incarichi durante la giunta Alemanno, intervallati da un’esperienza in Regione Lazio, con Renata Polverini. Dirigente comunale, Marra è rimasto in Campidoglio anche con Ignazio Marino. “Non sono alemanniano” ha giurato giorni fa. Ma non poteva bastare al mini-direttorio romano, composto dalle parlamentari Paola Taverna e Roberta Lombardi, dall’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo e dal consigliere regionale Gianluca Perilli. Compatti, nel chiedere subito alla Raggi di fare marcia indietro.

 

Del resto la Signora delle Funivie è giovane, ha poca esperienza amministrativa, ha una fidejussione di 150mila euro ncopp a’ capa, ha il fiato sul collo di Roberta Lombardi e Paola Taverna, due geniali esponenti della politica romana, ed è normale che sia un po’ nervosa. Lo saremmo anche noi. Il suo nervosismo però non giustifica – Donna Raggi dei Miracoli è Sindaca di tutta Roma, anche di coloro che piuttosto che votarla si taglierebbero le mani – le sue lungaggini, le guerre intestine, le coltellate a 5 Stelle, loro che son Cittadini buoni ed onesti e non lottano per le poltrone come quegli animali che li hanno preceduti, le sue promesse sulle date di presentazione della Giunta, ancora in alto mare. Non giustifica i silenzi, le assenze. Non giustifica le rassicurazioni. Anche Lei, la brava Raggi della fascia tricolore sul tailleur, diocometidona!, deve fare i conti con questioni tanto umane come l’ambizione, i dossier a 5 Stelle, il blog, i 13 (o 15, dipende dalle fonti) miliardi di debiti da rinegoziare, il fascismo imperante sulla Capitale che blocca le poltrone sotto le natiche di chi ci si siede sopra e non c’è verso di farli fuori.

 

Del resto Raggi si è scavata la prima fossa da sola: scrive ancora il Vangelo di Travaglio che a scegliersi Marra come vice è stato proprio il capo di gabinetto Daniele Frongia, rieletto consigliere, ascoltatissimo dal sindaco. A sua volta in bilico, perché a detta di molti la legge Severino vieta di nominare un eletto in quel ruolo. Marra, il vice, doveva rimediare al problema firmando in sua vece gli atti ufficiali, anche se per “un periodo limitato e a titolo gratuito”. O meglio doveva, perché è scontata la sua rimozione. Se il racconto corrispondesse a verità, e non abbiamo motivi di dubitarne essendo il quotidiano di Travaglio depositario di tutte le verità presenti, passate e future, pur di mantenere il Daniele Frongia in questione sulla poltroncina, i castissimi ed onestissimi del M5S non avrebbero esitato ad aggirare la Legge Severino (loro che accusano gli altri partiti di non rispettare la Legge, di disonetà ed incoerenza, e lo gridano urbi et orbi).

 

Insomma il diktat di Grillo parlerebbe chiaro: via Marra (“Se mi togliessero l’incarico ci rimarrei malissimo” aveva avvertito in un’intervista al Messaggero. E ora potrebbe reagire alla revoca con azioni legali, si legge ancora sul Vangelo secondo Travaglio), cambio di poltroncina per Frongia, da capo di gabinetto a vicesindaco e Virginia Raggi delle Funivie e del Libero Scambio dimezzata prima ancora di presentare la Giunta.

 

I romani cominceranno, immaginiamo, ad avere sentore del buco nero nel quale si sono cacciati, mentre attorno a Raggi spopolano i balletti dei vari potentati a 5Stelle che vivono di 5Stelle e che di 5Stelle moriranno. Luigi Di Maio dà ordini proprio come se contasse più del due di picche, e bacchetta Raggi e Lombardi: “La guerra tra voi deve finire”.

 

Su di loro Beppe Grillo, quello che aveva fatto un passo di lato. E tutti i gatti miao.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(4 luglio 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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