di Daniele Santi
Prendiamo spunto da uno scambio di borsettate via Twitter tra Ivan Scalfarotto, esponente Pd, e Fulvia Bandoli ex deputata ora assai critica (sempre a ragion veduta) con le politiche dell’attuale partito di maggioranza.
Scalfarotto e Bandoli commentavano entrambi, come vedete dai tweet qui sotto, la scelta del presidente di Arcigay Torino di rivestire la carica di assessore alle Famiglie della giunta Appendino. Se è molto difficile non essere d’accordo con quanto affermato da Scalfarotto, visto come andarono le cose ai tempi della votazione sulle Unioni Civili, è altrettanto vero che l’osservazione di Bandoli è altrettanto pertinente, fermo restando che le giravolte a 180° del M5S sono note. Anche se è noto che Appendino non è una che si fa trattare come uno scendiletto. Ci scuserete la confusione da camera da letto.
A Torino il presidente di Arcigay diventa assessore per il partito che prima ha tentato di sabotare e poi ha votato contro le #unionicivili.
— Ivan Scalfarotto (@ivanscalfarotto) 3 luglio 2016
@ivanscalfarotto Non voto 5s ma polemica e’forzata:fa l’assessore per una Sindaca che le condivide e ha creato assessorato “alle famiglie”.
— Fulvia Bandoli (@senzasinistra) 3 luglio 2016
Secondo noi però, che siam sempre stati omofobi (è l’accusa più frequente insieme a quella di essere stipendiati dal Pd) sarebbe giunto il tempo che i presidenti delle varie associazioni LGBT d’Italia la smettessero di occuparsi di politica. Per molti motivi, primo fra tutti il possibile conflitto di interessi tra il loro ruolo ed il loro impegno associativo; in secondo luogo perché quella che per anni si è definitiva “classe dirigente LGBT” ha dimostrato di non essere affatto composta da fulmini di guerra.
Più seriamente, ché siam sempre troppo irrispettosi, i paesi che i diritti delle donne e uomini omosessuali li hanno rispettati sul serio e risultati serissimi hanno ottenuto, si sono sempre caratterizzati per avere tenuto rigorosamente separati l’impegno politico e quello nell’associazionismo evitando con accuratezza che il ruolo “sociale” potesse in qualche modo interferire con quello “politico”. Parliamo della Spagna, della Francia o del Regno Unito: in Italia, ma prima di sradicare questa ottusa tendenza passeranno decenni, continuiamo con le mescolanze di ruoli (più titoli abbiamo più siam contenti) con il risultato, borsettate tra Scalfarotto e Bandoli a parte, di continuare a non offire un ruolo sufficentemente chiaro e forte dell’associazionismo con conseguente indebolimento della politica pro diritti.
Riteniamo altresì che per fare una politica seria che sul serio si occupi di tutte le famiglie non siano una garanzia né un presidente di Arcigay (ex?), con tutto il rispetto per le sue indubbie capacità, né una “e” finale al posto di una “a”. Saremo felicissimi di esserci sbagliati. Ma l’arte del restyling non garantisce di per sé risultati di qualità.
(3 luglio 2016)
©gaiaitalia.com 2016 – diritti riservati, riproduzione vietata