di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
Due righe di commiato per il simpatico Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, un attore che ha saputo divertirci con i suoi ‘sganassoni’ nei difficilissimi anni ’70 del secolo scorso. Chi ricorda quell’epoca sa bene come fosse importante riuscire a non perdere il buonumore, in un periodo in cui poteva tranquillamente capitare di uscire di casa e non riuscire più a tornarci. In ciò, non condivido molto le ‘nostalgie’ di alcuni ambienti intellettuali, soprattutto romani, per quegli anni, ‘stracarichi’ di violenza e situazioni a dir poco antipatiche, quando non propriamente luttuose. Morivano per strada studenti colpiti per errore da un colpo ‘vagante’ di P38; ci si picchiava stupidamente nei cortei studenteschi; la microcriminalità la faceva da ‘padrona’ per la strada e molte notti venivano vissute a mezza strada tra l’angoscia e il terrore. Era l’epoca dei ‘poliziotteschi’, in cui Maurizio Merli tentò d’incarnare il mito del commissario di Pubblica sicurezza che risolveva molti ‘casi’ a modo suo, poiché stanco di una magistratura lenta e inefficace nel combattere il crimine. Poi giunse, inaspettato, questo ex campione di nuoto, figlio di un napoletano ma di madre bresciana, il quale, accompagnato da un agile e scattante Terence Hill, prendeva tutti quanti a ‘ceffoni’. In quella fase storica, quel tipo di cinema seppe cogliere ed esorcizzare un sentimento ‘strisciante’, che serpeggiava pericolosamente tra i cittadini italiani: farsi giustizia da soli. Si trattava di ‘filmetti’ di serie ‘B’, ovviamente. Eppure, in molti casi vennero alla luce prodotti dignitosi, che generarono un buon ‘indotto’ economico e valide occasioni occupazionali per tecnici, scenografi, montatori, doppiatori, addetti alle luci e altre qualifiche professionali. Tutte specializzazioni di cui Roma, oggi, percepisce distintamente la mancanza. I critici, come al solito, furono alquanto severi con Bud Spencer, poiché il suo personaggio risultava totalmente inespressivo, nella sua ineffabilità: una sorta di moderno ‘Maciste’ che sapeva soltanto ‘menare le mani’. Non tutti percepirono, allora, l’utilità di quelle ‘risse’, indubbiamente ‘riempitive’ di vuoti di sceneggiatura evidenti. Eppure, furono proprio quei ‘cazzottoni’ a chiarire a molti l’assurda ‘china’ che stava prendendo la società italiana nei suoi comportamenti quotidiani. La cosa, psicologicamente, funzionò. E alcuni ‘filmetti’ della coppia Spencer-Hill, come per esempio ‘Altrimenti ci arrabbiamo’, diretto dal regista romano Marcello Fondato, riuscirono a raggiungere una buona qualità di ‘confezionamento’, che li rese divertenti e assai popolari. Due risate al cinema in compagnia della famiglia: la richiesta che giungeva dal pubblico era inequivocabile. Pellicole senza troppi ‘fronzoli’, capaci di generare un ampliamento effettivo dell’offerta cinematografica: si poteva andare a vedere la ‘scazzottata’ di Bud Spencer con moglie e bambini, per poi riflettere per proprio conto con Pasolini, Bertolucci, Antonioni e Godard. C’era tutto per tutti, nel cinema di quegli anni. Un ambiente che seppe a lungo dimostrarsi un’industria attiva e ricca di ‘spunti’: dagli approfondimenti politici di Francesco Rosi, alla saggistica antropologica di Mario Monicelli; dalla commedia all’italiana di Dino Risi, ai primi esperimenti ‘horror’ di Dario Argento; dall’onirismo ateo di Marco Ferreri, agli ‘spaghetti western’ di Sergio Leone, girati nelle ‘bollenti’ campagne tra Torricola e Pomezia, a pochi passi dalla metropoli capitolina. Insomma, anche Roma stava dimostrando di avere una sua ‘industria’, che ‘reggeva’ ottimamente, tra l’altro, prima dell’avvento devastante di una televisione che Pier Paolo Pasolini, una delle vittime principali della violenza di quegli anni – insieme ad Aldo Moro – aveva denunciato per le caratteristiche deformanti, illusorie, sostanzialmente antidemocratiche. Si poteva fare del buon cinema per tutti, con costi contenuti e ottime capacità di assorbimento del cronico tasso di disoccupazione della capitale: questa fu la vera ‘lezione’ dei film di Bud Spencer. Una riflessione che, purtroppo, non venne più di tanto compresa e accettata.
(1 luglio 2016)
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