di Gaiaitalia.com
L’Agcom parrebbe intenzionata a varare una norma che imponga a Whatsapp ed alle chat che usano la rete telefonica gratuitamente, di pagarne invece l’uso. Lo scrive un articolo di Repubblica dal quale si evince l’irritazione dell’Agcom per la posizione di privilegio di Whatsapp e della altre app di chat che utilizzano le reti telefoniche senza pagarle: “Nella sua indagine sui “Servizi di comunicazione elettronica” – relatore Antonio Preto – l’AgCom scrive che le applicazioni (Telegram, Messenger, Viber, la stessa Whatsapp) dovrebbero pagare un pedaggio per l’uso dei beni altrui. Per il passaggio sulle reti, ad esempio, il Garante vorrebbe imporre agli sviluppatori delle app un “obbligo a negoziare” con le società di tlc. Nello stesso tempo, il pedaggio per il loro transito dovrebbe essere “equo, proporzionato, non discriminatorio”. Le società di tlc non potranno prendere per la gola le applicazioni, altrimenti molte di queste, le più fragili, rischierebbero di estinguersi”.
L’articolo ricorda poi che i servizi che vengono spacciati per gratuiti in effetti gratuiti non sono, perché le compagnie vendono i dati dei loro utenti al fine di posizionare sui loro smartphone le migliori inserzioni pubblicitarie.
L’Agcom ricorda poi che le app per chattare gratis online, come Whatsapp per intenderci, non sono sottoposte alla legge italiana sulla privacy (tra le più severe al mondo) e che anche per ovviare al fatto che gli italiani, ingenuamente, le scaricano senza guardare quali autorizzazioni stanno concedendo allo sviluppatore, dovrebbero dotarsi di un “titolo abilitativo” e sottoporsi alla legge
Quindi vendono ad altre aziende queste informazioni. Il Garante spiega che oggi le applicazioni non sono sottoposte alla nostra legge sulla privacy, tra le più puntuali al mondo, con un potenziale danno per le persone. Gli italiani, d’altra parte, le scaricano senza quasi guardare le autorizzazioni che concedono allo sviluppatore. Le app – questo il rimedio – dovrebbero dotarsi di un “titolo abilitativo” in Italia, piegarsi alla nostra legislazione, aprire un call center in italiano che riceva le richieste e le proteste degli utenti e rendere possibili le chiamate gratuite a 112 e 113 e agli altri numeri d’emergenza.
(28 giugno 2016)
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