di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
In giorni di endorsement, riteniamo preferibile non dare alcun suggerimento a quei cittadini ed elettori che, domenica prossima, si recheranno alle urne per celebrare i ‘ballotaggi’, conclusivi di questa ‘tornata’ di elezioni comunali. Non riteniamo di doverlo fare, per il semplice motivo che gli italiani sono bravissimi a sbagliare per conto proprio. Non nutriamo alcuna fiducia in essi. E preferiamo chiamarci ‘fuori’ innanzi alla scarsissima qualità del nostro attuale ceto politico, che tuttavia rispecchia fedelmente una società che ha ormai raggiunto la ‘psichedelìa’ pura. Non si vive di sola politica. Soprattutto, di ‘questa’ politica, urlata nelle piazze e nelle trasmissioni televisive. La democrazia è anche questo: la possibilità di poter prendere le distanze da un ceto politico quasi interamente demagogico, incapace di dire la verità ai cittadini e di affrontare con concretezza i problemi della gente. Amministrare grandi città o importanti capoluoghi non è affatto semplice. Ma oltre a questo, l’Italia ‘sconta’ un invecchiamento delle proprie burocrazie a dir poco inesorabile. Noi non siamo nemmeno per il ‘buonismo’ ipocrita del politicamente corretto, né per una politica esercitata ‘in punta di piedi’. Noi stiamo dalla parte di una democrazia forte, decidente, che risponda a un disegno chiaro, che non si perda per strada nel cercare di raggiungere i propri obiettivi. E stiamo dalla parte di governi che governino, di Partiti politici “che governino di giorno e riflettano di notte”, come disse qualcuno tanto tempo fa. Ma una politica di questo genere non esiste più, poiché è ‘saltato’ ogni criterio ideale, culturale e valoriale regolatore di comportamenti coerenti e corretti. Qualsiasi classe politica emergerà da queste elezioni amministrative sarà esattamente lo ‘specchio’ di un Paese in cui non solo non esistono più certezze sotto il profilo socioeconomico, ma nemmeno il più semplice barlume di compromesso, di “contratto sociale” tra classe dirigente e cittadini, uno ‘straccio’ di ‘patto’ in grado di affrancarci da ogni metodologia basata sul ricatto, garantendo, quanto meno, il mantenimento della parola data. Nessuno tiene ‘fermo’ più nulla, ormai. E in ogni momento le ‘carte in tavola’ possono essere cambiate: con quanti ‘mazzi’ stiamo ‘giocando’, in Italia? La politica è morta, poiché è deceduto ogni ideale di passato e di futuro. Oggi, pesano soprattutto le opzioni momentanee, strumentali, utilitaristiche o meramente speculative. La parola ‘speranza’ risulta ormai completamente debellata dal nostro vocabolario, in un Paese bellissimo ma totalmente illogico, poiché basato, sin dai tempi della propria riunificazione, sulle capacità organizzative dei napoletani – pari allo zero – e la fantasia dei piemontesi. Ovvero: completamente con le ‘gambe’ per aria.
(17 giugno 2016)
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