di Mila Mercadante twitter@Mila56170236
Wikipedia conta 135 milioni di pagine e 550 milioni di visualizzazioni al mese. Vi ricorriamo tutti, senza distinzioni di età, grado di istruzione, ceto, nazionalità, ma il merito del numero elevatissimo di collegamenti va riconosciuto soprattutto alla licenza libera: è per questo che una quantità enorme di altre pagine (comprese quelle cosiddette specchio) la linkano, è per questo che Wikipedia avanza come un treno e va a nozze coi motori di ricerca. Essa costituisce un poderoso quanto inestimabile patrimonio di notizie, ed è universalmente riconosciuta per la sua utilità e per la democraticità che l’ha ispirata. Ognuno deve poter accedere al sapere, ognuno può partecipare e contribuire a divulgare la cultura.
La nostra società ha un carattere antagonistico e gerarchico molto accentuato, e questo carattere si riscontra a tutti i livelli. Impensabile che Wikipedia sfuggisse alla consuetudine e che non creasse al suo interno rapporti di spiccata subordinazione. Per garantire il buon funzionamento dell’istituzione e il suo imparziale controllo, tutto viene razionalizzato attraverso istruzioni specialistiche: i cinque pilastri rappresentano i fondamentali, e a leggerli non si può eccepire proprio nulla. Il problema è lo iato tra teoria e pratica. Laddove esistono divieti e norme ci sono anche i tutori di quei codici normativi. I settantaduemila incaricati di controlli, riletture, fact-checking e quant’altro vengono periodicamente eletti in maniera tale da permettere un ricambio della linea editoriale. Se da una parte è assolutamente indispensabile che un gruppo ristretto di persone si occupi della gestione di Wikipedia onde evitare caos e anarchia, d’altra parte si sa che i garanti di un regolamento quasi sempre ricalcano schemi sociali arcaici, anche quando sono mossi dalle migliori intenzioni: chi sovrintende all’andamento di una struttura complessa finisce con l’identificarsi completamente con essa fino al punto da non saper riconoscere errori e mancanze, fino al punto da convincersi di incarnare il verbo. Ciò significa che piuttosto che eliminare i contrasti li si genera, e nel caso specifico significa che piuttosto che salvaguardare la libera circolazione del sapere si diventa rotelle del solito triste ingranaggio che disciplina i rapporti basati su un qualsivoglia dominio, cosicché più che di amministrazione del sapere si dovrebbe parlare di sapere amministrato.
Critiche e contestazioni sono piovute a valanga sulla gestione dell’enciclopedia libera nel giro di pochi anni dalla sua nascita, sia dall’interno che dall’esterno, forse in Italia un po’ più che altrove. Il successo di Wikipedia è cresciuto di pari passo con la conflittualità. Pagine dai contenuti scarsi o inesatti, abile mascheramento della realtà, censure talora ingiustificate, arbitrarietà nell’applicazione delle regole sono alcuni dei rilievi più frequenti mossi dagli insoddisfatti e dai ribelli, i quali reagiscono sia in seguito ad esperienze dirette negative, sia nelle vesti di fruitori esigenti, sia per ragioni del tutto pretestuose. Si è creato praticamente il classico schema venditore/consumatore, tipico dei rapporti di scambio. Il consumatore non si fida, il venditore difende a oltranza la bontà della sua merce. Chi si lamenta e critica diventa un nemico, una minaccia e non una risorsa per operare miglioramenti.
Singoli casi – talvolta minuzie, talvolta no – rivelano quanto sia difficoltoso di fronte a un tema storico, scientifico, politico, astratto o economico mantenere una posizione il più possibile vicina alla verità, stabilendo un equilibrio tra le diverse opinioni ed evitando di sposare una tesi in particolare. Cosa succede a uno studente che si serve di Wikipedia per una ricerca scolastica? Il più delle volte si trova benissimo, ma anche no: può inciampare in un argomento specifico che presenta una visione parziale o lacunosa dei fatti. Se è vero che ogni voce dell’enciclopedia è suscettibile di continue modifiche, è altrettanto vero che tali modifiche vengono rimodificate o interamente rimosse a discrezione degli amministratori. Perchè? Per tener fede alle famose regole, per evitare rimostranze e azioni legali da parte degli interessati al tema trattato – per esempio – oppure per il terrore quasi paranoico di “contaminare” un fatto privandolo del suo connotato di oggettività e di neutralità assoluta. Suvvia: non esiste lo spirito sovrano della neutralità, è impossibile dimostrare che esista davvero la perfetta acriticità quando tutto ciò che facciamo e pensiamo è eteronomo, predeterminato! Il fatto in sé – puro – narrato per accadimenti cronologici, non è più un fatto, non può sussistere senza perdere il suo nucleo, il suo senso, a meno che non si decida di far fuori la dinamicità per conservare un ordine. La sindrome del “rendiconto senza concetto” impoverisce e irrigidisce la visione del mondo, e questo vale anche per un’enciclopedia.
Anche nel settore dedicato alle biografie non è raro riscontrare pecche e anomalie: nel campo della letteratura gli autori minori sono spesso vittime di dinamiche interne incomprensibili. A parità di caratteristiche, a taluni il benestare spetta di diritto, ad altri viene negato per mancanza dei requisiti richiesti. Talvolta leggiamo biografie brevissime di ottimi autori minori che hanno all’attivo una sola pubblicazione: è una buona cosa di cui rallegrarsi, ma nello stesso tempo ci si domanda come mai Tizio è enciclopedizzabile mentre il pur meritevole Caio e i suoi cinque libri pubblicati con un noto editore non lo sono. Più triste è dover constatare quanto incida ai fini del merito la predilezione per ciò che dalla maggioranza viene accettato e riconosciuto. Per ovvie ragioni di mercato si dà sempre e comunque visibilità al best seller da cui è stato tratto un film, alla letteratura cosiddetta di consumo (foss’anche la biografia di Wanna Marchi), al personaggio televisivo noto che scrittore non è, malgrado abbia pubblicato un libro con un grosso editore. Per contro, la selezione diviene molto più rigida oppure estremamente capricciosa quando si tratta di inserire autori o libri “di nicchia”, produzioni letterarie non destinate alla grande distribuzione, preziose piccole perle che contribuiscono a rendere articolata e varia la storia della letteratura. L’informazione culturale è di per sé distruttiva quando si autogiustifica facendo riferimento alla volontà e ai gusti dei più, perché in tal modo guasta se stessa. “Le minime differenze dal sempre uguale fanno la differenza totale; è nella stessa differenza che si è ritirata e contratta la speranza”, scriveva Adorno. Di spazio per rimediare ce n’è, l’intenzione e un’attenzione adeguata probabilmente mancano.
Wikipedia è uno strumento importante, per questa ragione è necessario porre l’accento sulle sue disfunzioni. Ci ricordiamo bene che dal 4 al 6 ottobre 2011 Wikipedia nascose i suoi contenuti e bloccò il sito in segno di protesta contro il ddl intercettazioni (che poi non fu approvato) e in particolare contro il paragrafo 29 che minacciava la libertà e la sussistenza non solo dei blog ma anche dell’enciclopedia del web. E’ un peccato che oggi molti di noi – non per partito preso – siano indotti a pensare che alcune scelte vengano condizionate dall’imponderabile bagaglio culturale, ideologico, caratteriale e umorale degli amministratori, forse anche da qualcos’altro. Noi in fondo siamo grati ai guardiani della fortezza e comprendiamo perfettamente quanti e quali problemi abbiano, solo che li vorremmo più cortesi, meno autoritari, e magari identificabili.
(25 maggio 2016)
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