di Giovanna Di Rosa
Vladimir Putin considera la sua una “missione compiuta”, bontà sua, e ritirerà la maggior parte delle sue forze armate dalla Siria con una decisione che lascia di stucco mezzo mondo, non certamente dettata da motivazioni umanitarie: è possibile infatti che il Cremlino ritenga messa sufficientemente in sicurezza la politica del dittatore Bashar Al Assad e conclusa la lotta russa al suo fianco per eliminare i terroristi (che per Bashar Al Assad non sono i tagliateste del Daesh specializzati nell’ammazzare innocenti, ma i gruppi oppositori alla sua leadership, tanto per chiarire). O può darsi che i problemi economici interni alla Russia, serissimi, abbiano spinto lo Zar Putin a smarcarsi da un conflitto che gli regala poco e gli fa spendere tanto.
La Russia non lascerà Assad sguarnito, peraltro il dittatore siriano è appoggiato e protetto tanto dalle forze iraniane quanto da Hezbollah (a loro volta protetti e sostenuti dall’Iran), e manterrà attiva una base aerea nella provincia costiera siriana di Laodicea, e un’altra navale vicino a Tartus. Putin però è uno stratega molto abile e può avere presa la decisione per mettere in difficoltà Bashar Al Assad nei negoziati per la pace in Siria organizzati dall’ONU, ricominciati il 14 marzo a Ginevra.
Per altri analisti citati soprattutto da Al Jazeera il ritiro russo avrebbe invece a che fare conla necessità di Putin di cercare un compromesso con l’Occidente, contro il quale è cosciente di non essere in grado di competere ad armi pari.
(15 marzo 2016)
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