di Paolo M. Minciotti
Ricordate la tristissima storia della giornalista egiziana Mona Iraqi che si era inventata un’inestistente orgia in un Hammam egiziano, facendo arrestare 26 persone (mentre lei, portatrice di ogni virtù, filmava l’evento e lo postava su Facebook) con – pare – la complicità della Polizia? I 26 erano poi stati assolti con formula piena perché la corte aveva verificato che la storia era stata completamente inventata pare ad uso e consumo della carriera della svergognata giornalista.
Poche settimane fa la donna era stata condannata a sei mesi, ma qualche giorno fa la condanna è stata sospesa e Mona Iraqi assolta da ogni accusa perché, tenetevi forte, la sua azione era stata ispirata dal desiderio “di fare il bene della popolazione” (accusando falsamente 26 persone, uno di loro aveva tentato il suicidio, e rovinando la loro esistenza per sempre?), ha insomma agito “per il bene pubblico”. Che orrore.
L’Italia ha già pagato il suo macabro tributo a cio che l’Egitto chiama “bene pubblico” con la barbara uccisione di un nostro connazionale sulla quale indagherà un uomo condannato in passato per tortura, e la nuova violazione di ogni diritti basilare, il nuovo insulto alla giustizia che viene dal paese e che riguarda una vicenda di uno squallore indescrivibile, la dice lunga sullo stato della giustizia nell’Egitto del dittatore Al-Sisi.
(12 febbraio 2016)
©gaiaitalia.com 2016 – diritti riservati, riproduzione vietata