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Lorenza Morello, ciò che penso di unioni omosessuali ed adozioni

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Lorenza Morello 08di Lorenza Morello   twitter@Lorenza_Morello

 

 

 

 

 

“Come è possibile scrivere su Gaiaitalia.com, avere molti amici omosessuali, e poi affermare di essere contraria alle adozioni da parte di coppie omosessuali?”. Dopo che i social sono stati intasati da questa domanda, formulata in modi più o meno civili, ho chiesto a Gaiaitalia.com di poter ospitare su questo portale che mi è molto caro, la mia risposta. Tutti nella piena consapevolezza delle invettive che ciò susciterà. Ma forti del fatto che chi vuole veramente cambiare le cose, e ha gli strumenti per farlo, non usa lo strumento della violenza dell’aggressione, in nessuna forma, ivi inclusa quindi quella verbale, ma quello del confronto dialettico. Partiamo da un dato ineliminabile che ci caratterizza, e che crediamo dovrebbe caratterizzare ogni essere umano che vuole definirsi civile, ovvero il rispetto per l’altro e per le opinioni differenti che può avere rispetto a noi. Ma rispettare non significa condividere. Purtroppo, però, devo riscontrare che, specie quando si parla di diritti di coppie omosessuali, la dissenting opinion rispetto a certi temi abbia come conseguenza quello di essere tacciati di anacronismo, miopia, perbenismo, quando non anche fascismo. Intelligenti pauca, in questo caso.

 

Ma torniamo al tema centrale di questa mia. Partirei da una osservazione, ovvero che, come sostiene esimia dottrina, non ultima quella del dott. psichiatra Eugenio Borgna, docente presso l’Università di Milano e primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara, l’affermazione secondo cui ormai è radicalmente superata la necessità che i coniugi siano di sesso diverso, è «apodittica, non motivata: non rivela il cammino con cui ci si è arrivati, non dà argomentazioni né ricostruzioni storiche e psicologiche. Insomma, è una fucilata che giunge senza un’origine, una opinione strana, tutt’altro che univoca e soprattutto non razionale, perché dà per scontato ciò che non lo è. Il senso comune è radicalmente – questa volta sì – allergico a una tesi simile». Il diritto dei gay a vivere liberamente una condizione di coppia, è «cosa ben diversa dal matrimonio, che nella nostra concezione della vita nasce dalla contestuale presenza dei due diversi mondi che lungo un progetto unitario uniscono le loro storie personali, anche sessuali, necessarie l’una all’altra per completarsi. Tanto più se ci sono figli, che senza ombra di dubbio hanno bisogno di una madre e di un padre, di due polarità ben precise, anche sessualmente definite. Secondo natura».

 

Parliamo di matrimonio perché questo è il presupposto per l’adozione. Pertanto, giuridicamente, è poco verosimile concepire l’uno e vietare l’altro.

 

La psicanalista Claude Halmos, una dei massimi esperti riconosciuti in età infantile, ha spiegato che è sbagliato affermare che le coppie omosessuali sono uguali a quelle etero, e «rivendicando il “diritto alla non differenza” richiedono che le coppie gay abbiano il diritto “come le coppie eterosessuali” di adottare bambini . Questo mi sembra un grave errore […]. I bambini che hanno bisogno di genitori di sesso diverso per crescere». La questione, ha scritto, non è se «gli omosessuali maschili o femminili sono “capaci” di allevare un bambino», ma essi non «possono essere equivalenti ai “genitori naturali” (necessariamente eterosessuali)». In questo dibattito, inoltre, «il bambino come persona, come un “soggetto” è assente». Ed ecco il vero punto della questione: «ignorando un secolo di ricerche, i sostenitori dell’adozione si basano su un discorso basato sull”amore”, concepito come l’alfa e l’omega di ciò che un bambino avrebbe bisogno», non importa se esso arrivi da un uomo e una donna, o da due donne. Ma queste affermazioni, ha continuato la psicanalista, «colpiscono per la loro mancanza di rigore» perché «un bambino è in fase di costruzione e, come per qualsiasi architettura, ci sono delle regole da seguire se si tratta di “stare in piedi”. Quindi, la differenza tra i sessi è un elemento essenziale della sua costruzione». Invece si vuole mettere il bambino «in un mondo dove “tutto” è possibile: dove gli uomini sono i “padri” e anche “mamme”, le donne “mamme” e anche “papà”. Un mondo magico, onnipotente, dove ciascuno armato con la sua bacchetta, può abolire i limiti», ma questo risulta essere «debilitante per i bambini». Essi si “costruiscono” attraverso «un “legame” tra il corpo e la psiche, e i sostenitori dell’adozione si dimenticano sempre il corpo. Il mondo che descrivono è astratto e disincarnato». Nella differenza sessuale, invece, «tutti possono trovare il loro posto […], consente al padre di prendere il suo posto come “portatore della legge […], permette al bambino di costruire la sua identità sessuale».

 

Dal punto di vista giuridico, di più stretta competenza di chi scrive, assistiamo da alcune decine di anni in Occidente ad una visione dei diritti umani che sta cambiando in maniera molto forte. Se vogliamo tutelare una visione dignitaria, i diritti umani sono centrati sulla persona e non possiamo decidere qualsiasi cosa. E invece, come accade con i cosiddetti “diritti sessuali”, andiamo verso una visione libertaria dei diritti umani e prendono grande rilievo esclusivamente i diritti di libertà. Un matrimonio naturale, di cui parla l’articolo 29 della nostra Costituzione, non può essere assimilato ad un cosiddetto matrimonio omosessuale, perché manca in maniera intrinseca l’orientamento alla fecondazione e alla procreazione, che rimane un fine fondamentale della società naturale chiamata famiglia e fondata sul matrimonio. Secondo i giuristi romani il matrimonio era un’istituzione fondata sul diritto naturale, definita come unione sessuale dell’uomo e della donna. E questo va a sfatare il mito di chi crede che questa visione sia un retaggio cristiano cattolico, perche invece l’origine è propria dei giureconsulti romani, appunto, che definivano il matrimonio come l’unione di un uomo e di una donna legittimata dalle leggi civili o religiose o dalle consuetudini.

 

Andando ad analizzare il concetto di diritto umano”, questo può definirsi come un qualcosa che spetta alla persona come tale, ma non ogni pretesa della volontà o del desiderio può essere classificata sotto “diritto umano”. Si tratta comunque sempre di trovare qual è il bene che si intende tutelare. Se noi tuteliamo la famiglia, se tuteliamo il matrimonio fondato – appunto – sull’unione eterosessuale, sappiamo quali sono i beni che vogliamo tutelare. Nel caso di una unione omosessuale, non risulta immediatamente chiaro quale sia il bene che si vuole tutelare».

 

Luce Irigaray, filosofa, psicanalista e linguista belga ha spiegato, rispetto alle proposte di abolire le parole “padre” e “madre”, sostituendole con “genitore 1″ e “genitore 2″ ha commentato: «Le dirò, è una cosa da piangere. Mi viene la voglia di rispondere in modo radicale, ma mi trattengo: stiamo diventando un numero, la nostra identità naturale e storica viene riassunta in un numero, in une definizione neutra». Per quanto riguarda il matrimonio gay «il dibattito a riguardo in Francia ha diviso, anche profondamente, la stessa comunità gay. Una parte di essa non voleva questo matrimonio, anche perché in Francia abbiamo i Pacs. E allora, al limite, meglio potenziare i Pacs, che creare questo conflitto, che ha finito per dividere tutta la cultura francese? Ne valeva la pena? Secondo me no».

 

E ha concluso che: «se andiamo per la strada dell’abolizione della differenza sessuale non ci sarà un futuro per l’umanità. L’annullamento delle differenze tra uomo e donna risponde al fenomeno della tecnicizzazione, cioè un fenomeno contrario alla vita. Solo il mondo della tecnica è neutrale. La differenza uomo-donna è basilare per arrivare a costruire un modello democratico, che regoli tutte le altre differenze».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(22 gennaio 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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