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Lo slogan “Svegliatiitalia” vale anche tristemente per il maschilismo nella militanza lgbt

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Unioni Civili SvegliatiItaliadi Alessandro Paesano

 

 

 

 

 

Si è tenuta oggi a Roma alla Sala Stampa dell’Associazione Stampa Estera in Italia la conferenza di presentazione della manifestazione SVEGLIATITALIA che si svolgerà sabato 23 gennaio in più di 80 piazze italiane (per l’elenco aggiornato cliccate qui) per sostenere la pdl Cirinnà che verrà dibattuta al Senato a partire dal prossimo 28 gennaio.

 

Alla conferenza, gremita di rappresentanti della stampa, soprattutto estera, erano presenti le associazioni promotrici nelle persone di Gabriele Piazzoni, segretario nazionale Arcigay, Lucia Caponera, vicepresidente ArciLesbica, Carlo Terriaca di Agedo, Marilena Grassadonia, presidente Famiglie Arcobaleno, Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura omosessuale “Mario Mieli” e Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gaycenter. Assente ingiustificata Porpora Marcasciano del MIT, annunciata nella mail d’invito alla conferenza della cui assenza non è stato dato d’onde, il Mit non venendo nemmeno menzionato.

 

Dopo un giro di presentazione degli e delle astanti, proposto da Gustav Hofer che ha moderato la conferenza, Piazzoni ha timidamente spiegato le ragioni di questa manifestazione a sostegno di una legge che ha definito insufficiente ma necessaria.

 

Dopo di che invece di parlare delle diverse piazze, di cosa si farà, di chi ci sarà, delle realtà coinvolte (e di quelle NON coinvolte, a cominciare da Anddos Nazionale a quelle medie e piccole, praticamente quasi tutte, di Roma) si è dato subito spazio alle domande della stampa che, fregandosene delle manifestazioni, hanno iniziato a fare domande sulla pdl Cirinnà.

 

Molte le domande precise e puntuali, più della stampa estera che di quella italiana, un po’ meno le risposte date dagli astanti mentre le astanti sono state le uniche ad avere il coraggio di prendere una posizione chiara, come Grassadonia che ha detto che senza la stepchild adoption la pdl sarebbe svuotata di utilità oppure attestando il disinteresse per le opinioni di papa Francesco, rispondendo alla domanda cattolicissima fatta da una collega dell’ANSA.

 

Non sono mancate le provocazioni di chi ha cercato di far passare le manifestazioni del 23 come una risposta a quella del Family Day alla quale il gruppo di organizzatori e organizzatrici non ha saputo dato una risposta esemplare e precisa (tranne Caponera che ha invitato a informarsi meglio e a studiare argomenti che non si conoscono).

 

La domanda più lucida fatta da colleghi e colleghe della stampa estera è stata come mai l’Italia sia così arretrata sui diritti civili allargati (dall’altra parte del tavolo Marrazzo e Piazzoni parlavano di diritti gay). Spiazzante la risposta timida e balbettante degli organizzatori che, in maniera squisitamente italiota non sono stati capaci di dire che le gerarchie ecclesiastiche sono in sintonia con la parte fascista e maschilista del paese.
Di nuovo, solamente Arcilesbica ha ricordato il maschilismo anche nella militanza lgbt visto che la parola lesbica ha difficoltà a circolare anche lì.
La domanda cui si rispondeva è quella di un collega pakistano che chiedeva parole per parlare degli orientamenti sessuali non etero (la definizione è nostra) spiegando che in pakistano non c’è proprio la parola lesbica, che gay significa maschio effeminato mentre i gay come omosessuali di sesso maschile vengono definiti cacciatori.
A questa richiesta culturale i maschietti presenti hanno risposto con un silenzio assordante.

 

Massimo imbarazzo, stavolta purtroppo anche da parte delle astanti, per la risposta data a una militante che ha chiesto d’onde al gruppo organizzatore sulla scarsa visibilità della manifestazione del 23 (ricordate? Si era lì per parlare di quella…) timorose di alienarsi la stampa si è arrivate a negare che il problema esista.

 

Chissà, a rispondere che il giornalismo nostrano disinforma e non informa, magari la prossima volta che viene convocata, la stampa diserta in massa…

 

Di per sé, come strumento per presentare le manifestazioni del 23 la conferenza stampa si è rivelata piuttosto inutile, servendo solamente alla visibilità di chi sedeva dietro il tavolo. Ha permesso però di tastare il polso al movimento (o, almeno, alle sue componenti più blasonate) alla stampa, italiana ed estera, e al paese tutto.

 

Quando poi rispondendo alla nostra domanda sul titolo II della pdl quello che regolamenta le convivenze di fatto e che, a differenza delle unioni civili, vale tanto per le coppie di sesso diverso quanto per quelle dello stesso sesso, solamente Agedo ha ribadito l’importanza di una legge che per la prima volta pensa di regolamentare anche le convivenze di fatto.

 

Il resto del gruppo, di nuovo, ha prodotto un silenzio assordante.
Peggio. I risolini in risposta alla nostra domanda tra i rappresentanti del Mieli, di Gaycenter e di Arcigay lasciavano intendere il solito menefreghismo corporativista.

 

Ora se nemmeno i gay e le lesbiche per prime capiscono che non si tratta di aggiungere un nuovo diritto, come ha detto Piazzoni, ma di estendere lo stesso inalienabile diritto civile, come si dice nel resto d’Europa, all’interno della quale siamo fanalino di coda, non si capisce come lo possano comprendere la stampa o il resto della società civile.

 

La stessa che Sabato prossimo scenderà in piazza non per manifestare in solidarietà a una minoranza (come si è autodefinito Gabriele Piazzoni) ma per protestare per una ingiustizia che ferisce il corpo sociale tutto di un paese retrogrado, maschilista e corporativista.

 

Lo slogan svegliatiitalia vale prima di tutto per loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(20 gennaio 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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