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La Repubblica e la sua mai troppo dichiarata svergognata omofobia, che incolpa Mattarella

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Unioni Civilidi Daniele Santi

 

 

 

 

 

Il gioco del quotidiano La Repubblica, la sua mai troppo dichiarata omofobia, il suo disgustoso conservatorismo radical-chic, l’insopportabile scalfarismo (avete seguito il patetico intervento del vecchietto a Che Tempo Che Fa domenica scorsa? Imbarazzante), hanno ieri dato prova di sé in un articolo che attriuisce a Mattarella dichiarazioni ed intenzioni che probabilmente Mattarella non ha mai pronunciato né manifestato. Una volta che questa storia sarà finita, e speriamo presto, spereremmo il 29 gennaio, sarà divertente andare a spulciare nell’enorme letteratura omofoba partorita da Repubblica senza battere ciglio. Ma torniamo a Mattarella.

 

Sulla presunta dichiarazione di Mattarella, quella che recitava “Unioni civili – i dubbi del colle – Pronte modifiche”, pubblicato enfaticamente in prima pagina come se si fosse trattato di un articolo serio sulla questione, interviene con un articolo di rara intelligenza Luca Sofri, direttore de Il Post, nella sua rubrica Wittgenstein.

 

L’articolo di Repubblica comincia tanto per gradire, con uno sfondone: l’autore parla evasivamente di una sentenza della Corte Costituzionale che sosterrebbe l’articolo della Costituzione che parla di matrimonio tra un uomo e una donna. Di fatto però nessun articolo della Costituzione Italiana dice qualcosa di simile. All’art.29 della nostra Costituzione si legge infatti

 

Art. 29
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare…

 

risulta quindi difficile immaginare una sentenza della Corte Costituzionale del 2010 che parli di un articolo costituzionale inesistente. Infatti tale sentenza non esiste. Ma Repubblica tutto può, anche dire tutto ed il contrario di tutto e suggerire una sentenza che non c’è, immaginare un articolo della Costituzione che non c’è e poi passare immediatamente a Mattarella (custode della Costituzione) ed ai suoi – presunti – mal di pancia sulle Unioni Civili. Non disturba ciò che l’articolo dice (poco e quel poco sbagliato), ma ciò che induce a pensare.

 

La sentenza della Corte Costituzionale n° 138 del 15 aprile 2010 dice tra le altre cose che

 

…il legislatore del 1942, sia quello riformatore del 1975 non si sono posti la questione del matrimonio omosessuale, all’epoca ancora non dibattuta, almeno in Italia.

Peraltro, «pur non esistendo una norma definitoria espressa, l’istituto del matrimonio, così come previsto nell’attuale ordinamento italiano, si riferisce indiscutibilmente solo al matrimonio tra persone di sesso diverso. Se è vero che il codice civile non indica espressamente la differenza di sesso tra i requisiti per contrarre matrimonio, diverse sue norme, fra cui quelle menzionate nel ricorso e sospettate d’incostituzionalità, si riferiscono al marito e alla moglie come “attori” della celebrazione (artt. 107 e 108), protagonisti del rapporto coniugale (artt. 143 e ss.) e autori della generazione (artt. 231 e ss.)».

Ad avviso del Tribunale, proprio per il chiaro tenore delle norme indicate non è possibile, allo stato delle disposizioni vigenti, operare un’estensione dell’istituto del matrimonio anche a persone dello stesso sesso. Si tratterebbe di una forzatura non consentita ai giudici (diversi da quello costituzionale), «a fronte di una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio come unione di un uomo e di una donna».

D’altra parte, prosegue il rimettente, «non si può ignorare il rapido trasformarsi della società e dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, nel corso dei quali si è assistito al superamento del monopolio detenuto dal modello di famiglia normale, tradizionale e al contestuale sorgere spontaneo di forme diverse, seppur minoritarie, di convivenza, che chiedono protezione, si ispirano al modello tradizionale e, come quello, mirano ad essere considerate e disciplinate. Nuovi bisogni, legati anche all’evoluzione della cultura e della civiltà, chiedono tutela, imponendo un’attenta meditazione sulla persistente compatibilità dell’interpretazione tradizionale con i principi costituzionali… [continua]

 

la sentenza, come si evince, non si riferisce ad un articolo costituzionale che consente il matrimonio solo fra un uomo e una donna, ma ad una “ultramillenaria nozione”, spesso assai più forte della Costituzione scritta che in Italia pare applicarsi solo nel caso delle persone omosessuali.

 

Tutto il resto è fuffa, come il famoso “al lupo, al lupo!” sulla stepchild adoption di qualche settimana fa, che Repubblica aveva dato in pasto ai suoi lettori – parlando di “coppie same-sex” manco fossimo su Cronaca Vera – anche in questo caso l’articolo (scritto da un signore che il suo mestiere lo conosce bene) dice e nega, denuncia senza denunciare, parla di voci, spiega che bisogna evitare l’equiparazione con il matrimonio (equiparazione che non c’è) sposta il pallino dalla stepchild adoption agli articoli 2 e 3 della legge che rimanda per tutto non quanto previstod alla stessa al codice civile che disciplina il matrimonio (ed è questo il punto focale della legge che tanto sembra dare fastidio a Repubblica), insomma crea zizzania, confusione, si propone come partito trasversale che crea opinione (contraria), in modo del tutto ingiustificato e senza una ragione. Che se sono contrari alle Unioni Civili lo manifestino e si assumano la responsabilità di perdere 100mila copie al giorno (rischio che il nuovo direttore non può certo assumersi, vista l’esperienza del suo predecessore con il caso Marino).

 

Non è quindi assolutamente certo che ciò che l’articolo racconta, la contrarietà di Mattarella e la sua non disponibilità a firmare la legge (che nel malaugurato caso dovrebbe ritornare alle Camere, ma nel caso fosse presentata al presidente della Repubblica per una seconda volta allora nemmeno lui potrebbe opporsi). L’unica certezza che l’articolo offre è la spaventosa omofobia, il conservatorismo insopportabile di un quotidiano che si vanta di essere di sinistra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(19 gennaio 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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