di Daniele Santi
L’ex dittatore tunisino Ben Ali, raccontano gli abitanti dello splendido paese nordafricano, aveva l’abitudine di entrare improvvisamente in una banca qualsiasi e di regalare ingenti somme di denaro alla donna più anziana che si trovasse in quel momento negli uffici o all’uomo che gli pareva più bisognoso. Poi ne arrestava i figli, li faceva pestare a sangue dai suoi scagnozzi, li imprigionava senza motivo e lasciava che la sua famiglia acquisita, da parte di moglie, sottraesse i beni ai suoi concittadini. La manovra funzionava in qualche modo, perché Ben Alì era, nonostante tutto, amato come un padre da una parte della popolazione che alle leggende metropolitane ci crede.
Il prode Erdogan nella giornata del 25 dicembre si è appropriato della abitudini dell’ex leader tunisino fingendo di salvare un uomo che si voleva buttare da un ponte sul Bosforo. Erdogan passava da lì ed avrebbe convinto l’uomo, che si trovava sul parapetto del ponte alto 64 metri (è il ponte che unisce l’Asia all’Europa) e che la polizia non aveva convinto a desistere dal suo intento suicida. Le calde [sic] parole del dittatore turco che ammazza i Curdi dicendo di bombardare l’Isis, hanno invece sortito il miracolo. Il trentenne disperato si è allontanato dal parapetto, ha baciate le presidenziali mani raggiungendole nel loro regale loculo (l’auto presidenziale) e baciato da tanta fortuna se ne è tornato alla sua disperata esistenza.
Dato che notizie come questa dovrebbero servire a rifare il look dell’appannatissimo presidente turco che dopo avere vinto le recenti elezioni è riuscito ad inimicarsi Putin – quando saggezza avrebbe suggerito di non farlo – l’ufficio stampa presidenziale si è affrettato a divulgare la buona novella che i giornali di tutto il mondo hanno ripreso. Nient’affatto casualmente l’accadimento ha avuto luogo il 25 dicembre, che per i natalisti occidentali fa sempre brodo.
(27 dicembre 2015)
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