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Saeco: i lavoratori come le capsule delle macchine da caffè, usa e getta

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Saeco 00di Gaiaitalia.com

 

 

 

 

 

Il Partito Comunista d’Italia aderisce e sostiene la lotta dei lavoratori della Saeco che difendono il loro posto di lavoro. Aderiamo allo sciopero di due giorni, indetto dai lavoratori, ed all’appello inviato al Governo perché si adoperi nella soluzione del caso, appello che è già arrivato alle 1000 firme. Come è noto il tavolo di lavoro, convocato presso la Regione il 2 dicembre U.S., non ha sortito nessuno effetto. La Philips, che ha acquisito Saeco, storica azienda con sede a Gaggio Montano, nell’incontro di salvaguardia convocato in Regione, ha confermato la volontà di licenziare 245 lavoratori, considerati in esubero.

 

Adesso la palla passa al Ministero dello Sviluppo Economico, che ha convocato le parti il giorno 11 dicembre. Si ricorda che la “Saeco s.r.l.”, azienda leader nel settore della produzione di macchine automatiche per caffè nasce nel 1981 in Italia, a Gaggio Montano nei pressi di Bologna e che  in più di 30 anni di attività, ha prodotto più di 100 brevetti depositati, attraverso 6 laboratori di ricerca;sottolineando il valore della fabbrica e del suo Know how.

 

Si ricorda poi che  in data 26 novembre 2015 l’azienda, di proprietà della Philips, ha annunciato “senza preavviso formale di volere ridurre la forza lavoro di 243 unità su 558 dipendenti, con ciò provocando  l’immediata proclamazione dello stato di agitazione da parte dei sindacati.

 

La decisione della Philips mette a rischio non solo un notevole numero di posti di lavoro, ma anche il futuro dello stabilimento e dell’intera comunità locale, che sarebbe colpita duramente da un così drastico e improvviso calo dei livelli occupazionali. Il disegno di queste multinazionali è chiaro, vengono in Italia, acquistano, a prezzo di saldo, i gioielli industriali creati con il duro lavoro, fanno i loro profitti finchè gli conviene e poi, appena si profila una opportunità speculativa migliore, delocalizzano la produzione all’estero lasciando sul territorio macerie e disperazione sociale. In tutto questo il Jobs act non offre nessuna risposta a tali speculazioni, anzi peggiora ancora di più la situazione dei lavoratori, visto che impedisce il reintegro, anche se il licenziamento dovesse essere giudicato illegittimo, per gli assunti dopo il marzo 2015. E’ dal 2008 che l’appennino perde i suoi pezzi industriali. Dal 2008 ad oggi il numero delle aziende registrate in montagna si è dimezzato. Perché sull’appennino non c’è solo il caso della Saeco. La montagna bolognese ha pagato un prezzo altissimo, in termini di sviluppo e occupazione, alla recessione. L’Appennino rischia un futuro senza industrie, dalla Dismeco alla Metalcastello fino alla Demm.

Tutto questo porta ad un impoverimento graduale di un territorio da sempre considerato ad alta industrializzazione. I Comunisti auspicano che subito si trovi una soluzione ai previsti 245 licenziamenti, che creerebbero con il loro indotto un numero molto più ampio di persone senza un reddito sicuro. Nello stesso tempo si ribadisce la convinzione che bisogna che vi sia nel territorio bolognese e in tutto il Paese un autentico piano di ripresa industriale e di progetto di Sviluppo Economico. Noi ci batteremo sempre e comunque perché i lavoratori vedano rispettati i loro diritti, iniziando da quello inalienabile del lavoro, e la loro dignità di persone.

 

Così il Partito Comunista d’Italia in una nota stampa alla nostra redazione

 

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