di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
E allora d’accordo: occupiamoci di questo preside di Rozzano Milanese che ha annullato il saggio natalizio di fine anno. Si è trattato di un provvedimento esagerato, che ha danneggiato la laicità anziché promuoverla come moderno valore culturale. Il Natale, anche se deformato da una serie di disvalori consumistici che fanno letteralmente a ‘pugni’ con la spiritualità, resta il solo e unico giorno in cui l’umanità cerca di comportarsi “come Cristo comanda”. Pur condividendo molte posizioni anticlericali, io stesso sono tra i primi a segnalare l’essenzialità filosofica del Natale in quanto elemento ricco di connotazioni laiche, in grado di secolarizzare gli aspetti ritualisti della religione. La natività in quanto principio assume il significato di momento iniziale, di nuovo percorso di vita, al di là delle valenze mistiche cui la ricorrenza è legata. Pertanto, il valore del Natale dev’essere inteso in una chiave più moderna: in senso stretto, come nuovo inizio; in senso più ampio, come contrapposizione storica nei confronti della forza militare – a quei tempi rappresentata dall’esercito romano – in quanto criterio esclusivo di disciplina amministrativa e sociale, da sostituire con la solidarietà, l’amore e il rispetto tra singoli individui. Depurando il Natale dai propri aspetti mistici, ecco dunque emergere un principio assolutamente laico: dobbiamo tutti quanti rispettarci, anche se non la pensiamo alla stessa maniera. Un principio, quest’ultimo, che se unito alla nota distinzione cristiana tra Dio e Cesare, pone la figura di Gesù all’origine stessa sia del pensiero laico, sia di quello teologico-protestatario nei confronti della soffocante ‘cappa’ clericale dei Farisei. Disse una volta il figliolo del falegname di Nazareth: “Se la vostra giustizia non sarà superiore a quella di Scribi e Farisei, voi non entrerete mai nel regno dei cieli”. In questa frase è contenuto un principio antioligarchico, umanista e anticonfessionale inserito in un ambito di coerenza e umanità che non è affatto relativa, o “relativista” come pensa qualcuno, bensì trascendente e assoluta. Non a caso, il cristianesimo ‘gesuano’ fu la vera base teologica della Riforma protestante e calvinista e, in seguito, della nascita politica del liberalismo in Europa. Attenzione, però: esattamente in questo punto del ragionamento si pone la distinzione tra cristianesimo ‘geusano’ e cattolicesimo ‘paolino’. Il primo, infatti, si richiama al pensiero più autentico di Gesù di Nazareth. Il quale, attraverso l’intuizione della ‘metànoia’ (anarchia individualista, basata sull’autoeducazione alla ragionevolezza) cercò di realizzare un nuovo ordine basato sulla fratellanza e l’accettazione reciproca tra tutti gli individui; il secondo, invece, storicamente rappresenta l’istituzionalizzazione clericale di un’organizzazione materialmente totalitaria e teocratica, che ha preteso il monopolio interpretativo della dottrina cristiana medesima, fino a trasformarla in un’ideologia orientale di tipo ‘cumulativo’. Ora, giunti al termine di questo corollario, se si intende riconoscere alla figura di Cristo di essersi fatto ammazzare pur di rimanere coerente con il proprio pensiero, umanista e pacifista, si deve al contempo custodire quel valore culturale e filosofico di coerenza, nobiltà d’animo, spirito di sacrificio e amore verso il del prossimo che è il cuore stesso della ‘rivoluzione’ innescata nella Storia dal cristianesimo. In tal senso, l’idea di rivedere la famosa sentenza della Corte di Giustizia dell’Aja sulla questione della rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche risulta parzialmente fondata. E gli stessi canti di Natale rappresentano, per quanto stucchevolmente noiosi, un elemento non rinunciabile della cultura occidentale. La quale è rivoluzionaria e non ‘cumulativa’: sta dalla parte di Gesù, non da quella di San Paolo. Insomma, per quanto laici non possiamo non dirci cristiani. Fine della questione: non vorrei più tornare sul punto. Il programma è lungo, le questioni da affrontare sono ancora tante e non possiamo fermarci continuamente ad aspettare chi rimane indietro. E il signor preside di Rozzano, lo scriviamo per pura ‘vendetta’ laica, è senza dubbio un signore intelligente che, tuttavia, “non si applica”.
(4 dicembre 2015)
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