di Giancarlo Grassi
Erdogan ha compiuto l’ennesimo capolavoro della sua pericolosissima epopea politica che non può che concludersi con l’autodistruzione, viste le decisioni. Dopo l’abbattimento dell’aereo russo, dopo che Putin aveva dichiarato che l’accaduto avrebbe avuto “conseguenze tragiche” sulle relazioni economiche tra Mosca ed Ankara, dopo che Erdogan stesso aveva dichiarato a France24 “Putin non risponde alle mie telefonate”, dopo che il leader turco aveva risposto alla richiesta di scuse di Mosca con un lapidario “Non scherzino col fuoco”, inconsapevole probabilmente del fatto che il suo gesto mette in discussione anche i rapporti tra Russia e Nato già tesi per la questione Ucraina (e Barak Obama non brilla per scaltrezza in questo frangente), ora lo scellerato leader turco sta cominciando a vedere gli effetti che le sue decisioni avranno nel futuro sui cittadini (lo hanno votato, se lo godano) del suo paese.
Non solo le autorità russe hanno cominciato ad effettuare controlli severissimi sulle attività delle aziende turche nel paese, sui documenti dei loro dipendenti, sui loro conti correnti bancari, ma dal 27 novembre è stato ristabilito il visto d’entrata per i turchi che vogliono entrare in Russia, che sta scoraggiando le sue agenzie di viaggio dal continuare a vendere pacchetti verso la Turchia.
Il ministro degli Esteri Sergeï Lavrov, in un’apparizione televisiva del 27 novembre scorso è stato piuttosto chiaro: “Pensiamo” ha detto “che le autorità turche hanno passato i limiti accettabili e rischiano ora di mettere la Turchia in una posizione piuttosto difficile in termini di interessi nazionali a lungo termine”. La dichiarazioni del ministro degli Esteri hanno preceduto quelle, decisamente meno diploatiche, e ad uso interno, del presidente della Duma Sergueï Narichkine, che ha detto: “La Russia avrebbe diritto ad una risposta militare”.
La Russia è il promo partner commerciale di Ankara.
(28 novembre 2015)
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