di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Gentile Sig.ra Pivetti
Ho visto il film Nè Romeo nè Giulietta da lei scritto, diretto e interpretato.
Il modo di restituire il vissuto del giovane protagonista omosessuale nel suo film ha dei sottintesi discriminatori, fallocratici e maschilisti che vorrei farLe notare.
Andrea, il ragazzo omosessuale del film, compare in scena per la prima volta alle prese con un rapporto sessuale penetrativo con l’amica del cuore Maria, con la quale non riesce a concludere perché non ottiene un’erezione.
Il primo modo che il suo film ha di mostrarci l’omosessualità maschile non è dunque affermando cosa l’omosessualità maschile sia, cioè l’attrazione affettiva e sessuale per un altro ragazzo, ma cosa l’omosessualità maschile non è: un ragazzo gay non riesce a fare l’amore con una ragazza.
Questa idea (sic!) priva di fondamento offende non solamente tutti i ragazzi gay che, le assicuro, funzionano esattamente come i ragazzi etero, e sono capaci di fare sesso con una donna, ma offende anche tutti i ragazzi etero che sono obbligati a fare sesso con tutte le ragazze altrimenti ricadono nella zona grigia del sospetto di omosessualità.
C’è dietro questo modo di presentare le cose l’idea che l’orientamento sessuale indichi (obblighi?) i ragazzi etero a fare sesso con tutte le donne e i ragazzi gay a fare sesso con tutti i ragazzi. Come se quel che piace a un ragazzo etero non è quella ragazza particolare con un nome, una identità e una propria personalità, ma piace quella ragazza in quanto ragazza, e basta.
Lo stesso vale per i ragazzi gay: nel film Andrea è attratto da tre ragazzi senza che venga spiegato il perché che non sia il fatto che sono dei ragazzi (belli). Nessun tratto di personalità, nessuna affinità elettiva, nessuna comunanza di sentimenti. Alle perplessità della madre che sorprende Andrea prima che si faccia baciare da un ragazzo appena incontrato al concerto di un cantante anche lui gay (il nome del cui tour recita Sodomy and Masturbation) il figlio le risponde che tra maschi è così.
Mi chiedo e Le chiedo quale modello di identificazione voglia proporre con il Suo film a tutti i giovani ragazzi adolescenti che si avvicinano all’affettività e al sesso e che, vedendo il Suo film, si sentono investiti di un obbligo di performance che dà per scontato che ti si rizza con tutte le persone del sesso che ti piace e solo con quelle.
E che il sesso che si fa è sempre e solo penetrativo.
Che sia quello con le ragazze, che Andrea non riesce a performare perché gay, o che sia quello con i ragazzi, il film dà per scontato che l’unico sesso è quello penetrativo. Mi chiedo e Le chiedo che idea Lei abbia delle relazioni affettive se le basa esclusivamente sul sesso penetrativo.
L’idea che quando un ragazzo fa sesso con uomini o con donne debba necessariamente essere messa in atto – performata – la penetrazione è patriarcale, maschilista, machista, fascista, antiquata e diseducativa. Tutte quelle battute sul sesso anale che ricorrono nel Suo film sono delle coltellate che Lei infligge nell’animo dei giovani adolescenti che, guardando il suo film, sono indotti a pensare che se sono gay dovranno prenderlo in culo e con le donne non gli rizzerà.
Beh, signora Pivetti, ha mai pensato che il sesso anale, meravigliosa e legittima pratica sessuale, lo possono praticare anche le donne e anche gli uomini etero ? E in ogni caso non ha mai pensato che il sesso anale e quello penetrativo in generale non è un obbligo, ma una possibilità?
Nessuna persona può scegliere il proprio orientamento sessuale, ma sì può scegliere cosa fare a letto e con chi, e la penetrazione è solo una delle opzioni della sessualità umana usata come strumento di interrelazione affettiva. Il Suo film riduce l’orientamento sessuale ad una mera questione di pratiche sessuali e questo oltre che falso è discriminatorio e giudicante.
Non è il sesso che ci fa etero o gay sono piuttosto i sentimenti, le affinità, i batticuore, gli affetti, le cotte, che nel suo film non ci sono.
Quando il film ci fa sentire il batticuore di Andrea non è per l’emozione di provare attrazione per un ragazzo che gli piace, ma è per l’ansia da prestazione per un bacio che sta per ricevere, sempre in procinto di ricevere e che non riceve mai. Andrea non bacia sulla bocca nessuno dei tre ragazzi che gli piacciono e se lo fa nel film non ci viene mostrato. Perché? Perché non legittimare l’affettività tra ragazzi con un bacio tenero e casto, erotico e sentimentale?
Perché nel Suo film il bacio non viene usato come strumento di affettività, di erotismo intimo e anche pre-sessuale, ma viene svilito ad allusione performativa, al sesso, quello che ci viene raccontato e non mostrato, che Andrea ha fatto in bagno con il nuovo arrivato della scuola il quale, sorpreso dal gruppo di bulli, è caduto dalla finestra non perché spinto anche moralmente da loro, ma perché maldestro.
Un personaggio che scompare dal film e non rivediamo più perché serve in sceneggiatura solamente al coming out di Andrea in famiglia.
Mentre il finale che dovrebbe essere lieto e rassicurante, vede Andrea allontanarsi insieme al ragazzo incontrato al concerto scomparendo dal film – perché, si sa, la sessualità è un fatto personale che non va ostentato – il finalissimo è del padre etero e donnaiolo che corroborato dalla paternità a cinquant’anni scrive un altro libro, ritrovando quello slancio giovanile che suo figlio adolescente, in quanto giovane omosessuale deve tenere privato, perché altrimenti ostenta e dà fastidio alla maggioranza etero.
Un film peggiore non lo poteva fare, Signora Pivetti.
Un film che non contribuisce affatto a costruire un immaginario collettivo inclusivo anche delle persone omosessuali, ma serve esclusivamente a far sentire aperte e tolleranti tutte le persone inconsapevolmente, ma innegabilmente omofobe – come Lei – che pensano che prenderlo al culo fa male, ma ai froci – chissà perché – piace. Contenti loro…
(24 novembre 2015)
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