di Il Capo
Ciò che salta all’occhio è che siamo bravissimi a fare informazione sul terrorismo del califfato, siamo puntuali, sappiamo che potrebbero colpire qui e là – ma non sappiamo quando – che sono attrezzati costì, che sono un numero elevato, organizzati militarmente, oggi sappiamo perfino che sono in possesso di armi batteriologiche (non da oggi, e si tratterebbe di gas nervino e del virus del vaiolo), sappiamo che sono state trafugate dall’ospedale Necekr di Parigi tute anti-ebola e kit anti-contagio lo scorso mercoledì, e non se ne è parlato abbastanza. Scriviamo che è possibile che il terrorismo attacchi la nostra acqua. Sappiamo tutto sulla barbarie, ma non siamo in grado di fronteggiarla. Anzi, la sensazione è che non si metta nel combatterla lo stesso impegno che tutta internet impiega nel descrivera.
Come affrontare i barbari dall’alto della nostra civilizzazione? Noi non lo sappiamo, perché non abbiamo la presunzione di sapere tutto e, soprattutto, non abbiamo i mezzi economici – giornalisticamente parlando – per poter arraivare ad esperti di quello che il tutto invece lo sanno, oltre ad avere la presunzione di saperlo. Così che siamo, giornalisticamente parlando, limitati.
Non siamo limitati invece nella capacità di pensare, che come i pazzi ben sanno, limiti non ne ha. Ci viene quindi quasi spontaneo chiedere – a chiunque! – da dove parta questo bisogno di descrivere nel dettaglio ciò che i terroristi del califfato possono essere in grado di fare, se non abbiamo imparato dall’esperienza che sono in grado di fare tutto ciò che noi pensiamo non farebbero mai, che hanno alzato il tiro dato che la loro presenza terroristica è attiva sui cinque continenti (negli ultimi 10 giorni oltre a Parigi, ci sono stati attacchi in Bangladesh, in Camerun, in Nigeria, in Mali, mentre in una Bruxelles blindata si sta perseguendo un’operazione dai contorni davvero poco chiari ed in Senegal un attacco in grande stile alla Capitale è stato sventato all’ultimo momento) e che grazie alla strategia dei “lupi solitari” colpisce ovunque, quando gli sembri opportuno.
Anche stamani quotidiani online apprezzabilissimi e di provata serietà, danno l’elenco di tutto ciò che costituirebbe gli arsenali del terrore del califfato nero, in un elenco che sembra preparato più a fini giornalistici che a fini altri (“Un giornale cosa deve fare, se non informare?”, direte voi. Ed è difficile darvi torto) in un esercizio di informazione tipicamente occidentale: informo quindi i cittadini sanno quindi possono difendersi meglio.
Non c’è difesa al terrore quando non si è in grado di affrontarlo, quando non si è preparati ad affrontarlo, quando in fondo non lo si vuole affrontare. Non c’è riparo contro chi nel terrore ha deciso di vivere, con la determinazione di far sprofondare in quello stesso suo terrore il mondo intero. Soluzioni non ne abbiamo, ma temiamo che la terribile immaturità del nostro mondo, di Casa Nostra, unita all’incapacità di percepire gli eventi oggettivamente, al di là dell’emotività del momento sia il nostro vero tallone d’Achille. Che anche la Gran Bretagna annunci di essere pronta a bombardare la Syria non è un buon segno: si sta ricostituendo la coalizione di Bush padre che tanti guai ha creato al mondo nei decenni successivi. Londra però non denuncia le ronde islamiste nei suoi quartieri, non ci dice nulla di cosa potrebbe scatenarsi nel Regno Unito una volta iniziative le scorribande aeree dei suoi caccia.
Continuiamo a commettere gli stessi errori. Ad essere ciechi come solo può essere cieco chi si sente vincente contro tutto e tutti in nome di una immobilità quasi onnipotente. Ciò che è pericoloso sul serio è sempre visibilissimo, ma non è mai considerato tale proprio in quanto visibile.
(23 novembre 2015)
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