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Matteo Orfini, “Non mi candido alla poltrona di Sindaco di Roma”

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(Roberto Monaldo / LaPresse)
                                                                  (foto: Roberto Monaldo / LaPresse)

di Gaiaitalia.com

 

 

 

 

 

In una intervista pubblicata sul quotidiano online Giornalettismo, Matteo Orfini, commissario del Pd di Roma, dichiara di non volersi candidare alla poltrona di Sindaco di Roma perché reitererebbe “la stessa dinamica di potere che ora combatto con tutte le mie forze”.

 

Orfini affronta diversi temi nel corso dell’intervista, tra i quali le posizioni di molti intellettuali durante il ventennio dominato dalla politica ad personam di Silvio Berlusconi. Orfini parla di “professori universitari” che bacchettavano il Pd “per le nostre mancanze verso il mondo e per quel conflitto che li angustiava, nello stesso momento in cui, da baroni, sfruttavano ricercatori precari, sfruttati e ricattati. O mi fanno tuttora sorridere i santoni televisivi che lanciavano i loro strali moralisti davanti alla telecamera di un cameraman che pagano poco e male, con contratti di tre mesi”. Non le manda a dire e nel corso dell’intervista parla chiaro anche a proposito della sua presunta candidatura alla poltrona di sindaco della Capitale: “Candidarmi a sindaco di Roma? No, Reitererei la stessa dinamica di potere che ora combatto con tutte le mie forze: da commissario ho pieni poteri, non posso usarli per impormi come soluzione o proposta. Il mio compito è trovare chi possa prendersi cura di questa città. Forse ci siamo dimenticati che la politica è servizio. E i dirigenti politici devono dimostrarsi tali nei momenti più difficili, al di là delle proprie convenienze. A fare i comizi son buoni tutti”.

 

Nel corso dell’intervista Orfini salva la classe dirigente giovane che è cresciuta in questi due anni nell’amministrazione dei Municipi della Capitale: “Se i municipi non sono affondati con il resto, spesso è stato merito dei 30-35enni che vi hanno lavorato alacremente e con onestà. Hanno avuto la sfortuna di avere sulle spalle una città piegata, spezzata, con una macchina amministrativa di cui con Esposito stiamo chiedendo conto all’Anac di Cantone”.

 

Riferendosi a certi giornalisti e intellettuali del circo romano e nazionale, Orfini dice poi che le “grida di indignazione non hanno portato a nulla, se non forse a farli ammettere al circo televisivo. Da loro, non solo da noi, mi sarei aspettato di più. Mentre le disuguaglianze nel mondo aumentavano tragicamente, loro pensavano ai pacchetti azionari e alle tv di Sua Emittenza. Noi non ce ne siamo accorti, ma neanche loro. Forse perché anche loro erano ingranaggi della torsione oligarchica di cui Roma è palese dimostrazione. Noi e loro siamo stati garanzie di un sistema che dovevamo scardinare e scardineremo”.

 

Su Marino e sulle sue dimissioni, Matteo Orfini spiega: “Mentre a destra hanno finto che nulla sia successo e che non li riguardi tutto ciò che è successo” il riferimento è a Mafia Capitale, “e si sono così riscoperti leghisti, Fratelli d’Italia o marchiniani, noi abbiamo cominciato un lavoro di rifondazione totale, per cui certi comportamenti non sono più tollerabili, a partire dalla vicenda del sindaco Ignazio Marino: di fronte a una vicenda poco chiara e senza la capacità di spiegarla, abbiamo fatto l’unica cosa possibile. Il problema è che tutti devono fare il nostro stesso processo di pulizia, quell’esigenza di trasparenza che ha consentito al sindaco dimissionario di creare nuove dinamiche virtuose riguardo alla legalità, così come di cadere sotto il peso dei suoi errori: penso anche ai giornalisti, che pure dalle inchieste risultano coinvolti, che non hanno fatto alcuna riflessione sulla propria categoria. E tanto meno sono stati capaci di sollevare il problema con la stessa veemenza con cui l’hanno preteso da altri”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16 ottobre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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