di Daniele Santi
Una giornalista viene minacciata dopo una trasmissione televisiva, la buonista da tastiera si scatena e scrive “Condividiamo per non farla sentire sola!”: il dramma è che ci crede. La foto di un migrante morto viene pubblicata su un profilo e il mondo si scatena con migliaia di “mi piace” (mi piace?!?) e commenti dal grande valore empatico come “R.I.P” o simili facezie: il compito del buonista da tastiera finisce lì. Un politico scrive una cosa intelligente ed essendo l’evento sempre più raro, il popolo dei social si scatena con commenti indimenticabili e simula empatiche partecipazioni all’iniziativa annunciata o di sostegno alla campagna: poi i sondaggi ci dicono che a più del 40% di noi della politica non frega nulla.
L’uso dei social da parte degli abitanti dello Stivale non fa che enfatizzare la spaventosa tendenza alla celebrazione del nulla che li caratterizza, unita all’incapacità di distinguere dove sta il bene e dove no; evidenzia il disinteresse nei confronti dell’altro che è loro peculiarità. La totale mancanza di coerenza tra parola ed azione, il gusto di apparire per quello che non si è, il cattolicissimo minimo sforzo per ottenere il paradiso post-mortem tanto l’estrema unzione mi regala il perdono dopo che il Vaticano mi ha distrutto l’esistenza.
I deliranti da social network che scambiano la tastiera per la vita reale sono il più spaventoso esempio di inedia sociale che ci sia stato dato di vedere negli ultimi decenni. La più sottile forma di dominio cui l’umanità sia stata sottoposta. La più intelligente tortura possibile. Alla quale i buonisti da tastiera si sottopongo con masochistico piacere.
Da qui a pensare di incidere nella vita reale postando un’opinione sgrammaticata e superficiale, frutto di pancia, pregiudizio ed ignoranza, e spesso solo basata su un titolo, ce ne corre. Ma l’Italia è anche questo. Si lascia che le cose si succedano nell’attesa dell’intervento di qualcun altro. Che non arriva mai…
Auguri.
(6 ottobre 2015)
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