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La settimana di Jorge Alberto: “Noi gay non sappiamo invecchiare”

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Jorge Alberto Chavez Reyes, peruviano, è giornalista professionista, fondatore del MHOL di Lima, attivista LGBT conosciuto in tutta l'America Latina
Jorge Alberto Chavez Reyes, peruviano, è giornalista, fondatore del MHOL di Lima, attivista LGBT conosciuto in tutta l’America Latina

di Jorge Alberto Chavez Reyes

 

 

 

 

 

In Perú ed altri paesi dove godiamo di maggiore libertà di un tempo, anche se le nostre unioni non sono ancora state riconosciute legalmente, ha fatto in modo che molti uomini over 50 abbiano potuto accettare la loro omosessualità e cominciare a viverla. Molti di loro si sono lasciati dietro, non sempre con facilità, matrimoni e famiglie, devono ora confrontarsi con una realtà durissima: l’ambiente gay (inteso come locali, bar o quant’altro) non ha posto per loro. Spesso sono visti con disprezzo dai più giovani – dire a qualcuno “vecchia” è un insulto molto comune (soprattutto nei paesi di cultura ispanica, ndt) – soprattutto se non sono in grado di provvedere “economicamente” alla loro vita sessuale*. Anche l’amicizia è spesso preclusa.

 

Questa mancanza di un “luogo”, questo rifiuto più o meno diretto è causa spesso di depressione e tendenze suicide. Sono statistiche statunitensi quelle che informano di una crescente tendenza al suicidio della persone omosessuali over 60 rispetto ai loro coetanei eterosessuali.

 

D’accordo con informazioni che ho ritrovato in articoli pubblicati da The Advocate o Slate, il problema sta nel fatto semplice che noi gay non sappiamo invecchiare ed abbiamo sviluppato una cultura che idolatra la gioventù ed ha terrore del passare degli anni. Molti giovani non vogliono relazionarsi con persone over 60 perché ricordano loro che invecchiare è inevitabile.

 

La crisi dell’AIDS ha causato la morte di una generazione di persona che avrebbero potuto essere oggi esempio e modello di condotta. Maestri, in qualche modo. Altri paesi stanno facendo seri sforzi per preservare la memoria della comunità LTGBT, raccogliendo e conservando le testimonianze di coloro che alla crisi dell’HIV sono sopravvissuti, delle abitudini, dei luoghi di riunione, della loro “cultura”. In Perù (ed anche in Italia, ndr) molto poco è stato fatto ed abbiamo a che fare con una generazione di persone LGBT per la quale la storia è “una noia” e che sembrano pensare che saranno sempre giovani ed attraenti. L’uso massiccio delle reti sociali ha fatto in modo che l’ossessione per la loro immagine sia diventata quasi patologica e questa immagine è, per loro, strettamente relazionata con il sesso e la possibilità di incontrare “amore”.

 

Mi viene in mente na frase di Lord Henry, personaggio ossessionato dalla gioventù e la bellezza di Dorian Gray: “Solo la gente poco profuonda non giudica dalle apparenze”.

 

La ricerca continua dell’eterna giovinezza è nota come la “Sindrome di Dorian Gray” ed è una cosa seria, caratterizata dal narcisismo e dall’orgoglio eccessivo per la propria bellezza fisica. Dona altresì un vero e proprio terrore per l’invecchiamento. Le vittime della citata sindrome spesso si sottomettono a molteplici procedimenti di miglioramenti estetici che spesso li conducono ad essere “sfigurati”; spesso la perdita della giovinezza conduce alla depressione o a gestie stremi. Come nel romanzo di Oscar Wilde, il narcisismo conduce ad un finale assai triste.

 

La cosa pià triste di questo “momento generazionale” e del disprezzo per la storia delle generazioni più giovani è che la “cultura gay”  si può trasmettere soltanto attarverso legami di amicizia, quando ciè giovanie  meno giovani condividono esperienze, si parlano e si ascoltano senza giudicarsi.  Ricordo quanto erano affascinanti le storie che mi raccontavano quando ero adolescente, ed ero predisposto ad ascoltare persone che avevano vissuto la loro omosessualità durante gli anni 60, 70 ed all’inizio della crisi dell’AIDS all’inizio degli anni ’80. Imparai moltissimo da loro – molti dei quali non ci sono più – e sono dispiaciuto di non aver saputo trasmettere queste storie con la stessa loro intensità. Oltre ad esserlo per i pochi che ora sono interessati a conoscerla.

 

D’altro canto sono fortunato ad essere uno dei sopravvissuti alla crisi dell’AIDS e sono consapevole che per me poter invecchiare è un regalo. Invecchiare ci dà la possibilità di costruire legami d’amicizia profondi e durature scoprendo il nostro autentico io, che sta lì in fondo, nascosto sotto le apparenze.

 

Mi rende felice essere parte della generazione che è sopravvissuta all’HIV e spero essere presente quando la completa uguaglianza ed accettazione delle persone LGBT sarà conquistata, in Perù ed in tutto il mondo, anche attraverso il matrimonio egualitario per tutti. Spero poter essere un modello o un maestro per le persone più giovani.

 

Come scrisse Oscar Wilde ne “Il ritratto di Dorian Gray”, opera che ho citato diverse volte nel corso di questo articolo, bisogna vivere, vivere la meravigliosa vita che abbiamo dentro e non lasciare che niente di noi stessi vada perduto. Cerchiamo sempre nuove sensazioni. Senza avere paura di nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

(* l’articolo si riferisce, data la provenienza dell’autore, alla specifica realtà peruviana e sudamericana, ma non è detto che non contenga elementi di riflessione utili anche al lettore che provenga dall’Italia)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(25 settembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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