di Gianfranco Maccaferri twitter@gfm1803
“Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista alla prossima generazione”.
Una frase di Alcide De Gasperi che pone un muro invalicabile tra chi pensa in modo lungimirante alla società che sta governando e chi si dedica esclusivamente al proprio successo politico immediato cercando di sbaragliare gli avversari.
L’eliminazione delle tasse che premono sulle proprietà private è la trovata populista più politicamente remunerativa in Italia. Ogni slogan su questo tema ha un effetto dirompente. Si vincono elezioni, si mortificano gli avversari, ci si fa amare dal popolo (eticamente analfabeta in materia, o quasi).
Quella politicamente più straordinariamente efficace si è rivelata la tassa sulla casa.
Eppure in tutti i paesi europei esistono forme di prelievo sul patrimonio e sulle abitazioni di proprietà, sia pure calibrate in base alle esigenze del territorio e caratterizzate da detrazioni variamente concepite. Anche nella patria dei diritti inalienabili alla vita, alla libertà individuale, alla proprietà e alla ricerca della felicità, esiste la Property tax. Negli U.S.A. viene riscossa da ciascuno dei 50 Stati ed oscilla fra lo 0,2 e lo 0,4 per cento del valore catastale dell’abitazione; l’imposta incide su una cifra compresa tra il 3 e il 4 per cento del Pil.
Perché in Italia i politici si avventano come squali su un qualcosa che è pacificamente condiviso e accettato da tutti i cittadini dei paesi democratici? Perché i politici italiani definiscono la tassa sulla casa: “Una gravissima aggressione al bene fondamentale degli italiani, al frutto dei risparmi di una vita, del lavoro e dei sacrifici compiuti per generazioni”? Eppure l’imposta è legata al valore del patrimonio immobiliare, che per quanto mal misurato dall’attuale catasto, è comunque correlato positivamente al reddito e al patrimonio in genere. Se si abita in una casa di un quartiere popolare, eliminando questa tassa, si risparmiano una media di 200 euro, se invece si abita in un grande immobile di lusso in un centro storico importante si risparmiano anche 2.500 euro.
Dunque, abolire del tutto la tassa significa avvantaggiare soprattutto i ricchi. È come se si volesse abolire la tassa sull’automobile: se sono proprietario di un’utilitaria spendo circa 130 euro all’anno, se ho una macchina sportiva di lusso la tassa può arrivare anche ai 2.500 euro. Eliminare questo balzello è la stessa identica cosa della tassa sulla casa: eliminandole chi è più ricco ci guadagna, chi non ha nulla (casa o automobile) non risparmia nulla.
Io credo che gli italiani abbiano bisogno di certezze e di equità. Non è togliendo la tassa sulla casa che si migliora la qualità della vita; l’aggiornamento del catasto invece e la semplificazione del pagamento gioverebbero alla quotidianità dei cittadini: in Germania è il comune dove risiedi che ti invia il bollettino per il pagamento precompilato della tassa da pagare e se vuoi, puoi anche fartelo direttamente accreditare sul tuo conto corrente. Questa sarebbe semplificazione reale e non uno slogan o un tweet.
Quando ti accorgi che la politica non ha un progetto, un sogno, una visione del futuro, tutto è molto triste. Scrivo questo perché, proprio in forte contraddizione politica e etica con la proposta di eliminare la tassa sulla casa, sembra, si sussurra, non c’è certezza…
Esiste un’altra tassa, a mio giudizio di grande civiltà: è quella sull’eredità o successione. Dicono di lei: “Eliminare la tassa di successione sarebbe un terribile errore, equivarrebbe a comporre la compagine statunitense per i Giochi Olimpici del 2020, selezionando i primogeniti di coloro che vinsero la medaglia d’oro nei Giochi Olimpici del 2000. Senza la tassa di successione, si ha di fatto un’aristocrazia di ricchezza, che significa tramandare di generazione in generazione il potere di gestire le risorse di una nazione secondo criteri ereditari, non di merito”. Queste sono parole di Warren Buffett, per anni ritenuto l’uomo più ricco del mondo, in un’intervista al New York Times contro l’abolizione della tassa di successione, proposta dal governo Bush durante il suo primo mandato da presidente.
Anche Berlusconi l’aveva eliminata nel 2001, Prodi nel 2006 la rimise, ma con una soglia ampia. Facciamo l’esempio che tutti fanno: su un’eredità di 1,5 milioni ai figli o al coniuge, si pagano quattro punti percentuali solo su mezzo milione, quindi 20mila euro. Cioè al netto si ereditano 1.480.000 euro.
In Italia è garantita l’esenzione completa per patrimoni al di sotto di 1.000.000 di euro. Per chi eredita, l’Italia è un paradiso fiscale!
Sembra, si sussurra, non c’è certezza, che Matteo Renzi voglia abbassare quella soglia a 200.000 euro. Ecco la contraddizione che mette confusione: togliere la tassa sulla casa, ma aumentare quella sull’eredità. Una è proposta con slogan, interviste e quant’altro il folclorismo politico italiano permetta, l’altra passa in silenzio, di nascosto, nessuno ne deve parlare. Probabilmente non è ancora stato trovato uno slogan giusto, popolare.
Eppure la tassa di successione è una scelta politica di equità sociale ed è moralmente auspicabile, il più delle volte impopolare, ma da appoggiare. Cifre: se in Italia si paga il 4% (ma solo oltre il milione di euro), in Giappone è il 55%, in Francia il 45%, in Germania il 30%. La tabella che alleghiamo è assolutamente esaustiva.
Partiamo dal presupposto che l’eredità non è un merito! Invece a noi piace un paese meritocratico. L’eredità è un guadagno senza fatica, un privilegio senza costo e non vi è alcun dubbio che la successione della ricchezza determina una sostanziale disuguaglianza, dove il merito e l’intraprendenza personale non c’entrano nulla. L’eredità è, infine, un diritto.
Il principio per il quale tutti devono partire dalle stesse potenzialità per costruirsi la propria vita è ovviamente utopistico, ma che la successione tra padre e figlio sia da considerarsi un “diritto naturale” è per me, una mostruosità etica.
Rispetto alla questione di cui sopra pensavo che educazione, istruzione ed università pubbliche potrebbero pagarsi con la tassa di successione.
Qualcuno ha qualche obiezione (etica naturalmente)?
(15 settembre 2015)
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