di Vittorio Lussana twitter@vittoriolussana
Il fatto che la commissione Giustizia della Camera stia predisponendo una norma sulle Unioni civili non equiparabile ai matrimoni cosiddetti ‘normali’, obiettivamente rischia di dare alla luce un nuovo ‘negozio giuridico’ di serie ‘B’. Per l’ennesima volta, la nostra classe politica dimostra di non riuscire a liberarsi da quelle ‘contaminazioni formali’ che la conducono a un’affermazione di princìpi solo apparentemente ‘ammantati’ di democrazia e modernità. Si tratta di un moralismo ‘distorto’, una sorta di ‘codice’ dissociativo vecchio come il cucco, talmente subliminale da rendere molti nostri politici persino inconsapevoli, ‘poverini’, circa la loro ottusità. Sulle Unioni civili si sta cercando di trovare il solito compromesso democristiano che, nel suo sforzo di accontentare tutti, finirà col non soddisfare nessuno. Un diritto si concede, oppure lo si nega: non vi è alcuna ‘via di mezzo’ in situazioni di questo tipo. Soprattutto, sul versante empirico degli effetti giuridici di una norma. Negando ogni possibilità di configurare nuove fattispecie giuridiche ‘paritarie’ rispetto al matrimonio non si farà altro che rinchiudere, per l’ennesima volta, i cittadini – omo o eterosessuali che siano – all’interno di un’ulteriore convenzione sociale specifica: eccoli qui, quelli che non vogliono sentir parlare di categorizzazioni o ‘etichette’ e che, tuttavia, sono sempre prontissimi ad ‘appiopparle’ agli altri. Inoltre, ciò che veramente colpisce in questa vicenda – e spiace sottolinearlo, poiché non erano affatto questi gli intenti ‘personali’ di Enrico Berlinguer – è quel ‘tiepido’ cattocomunismo che solo apparentemente si contrappone al razzismo clerico-fascista del centrodestra. La dottrina fin qui espressa dal Pd risulta, infatti, un ideologismo schematico, ‘meccanicista’ e, al contempo, omologativo, teso unicamente a comprimere e a integrare la società italiana all’interno di un ‘grigiore’ soffocante. L’essenza più autentica delle Unioni civili è relativa a una questione fondamentale, che va a ‘toccare’ le corde più sensibili di quel principio di laicità, autonomia e libertà del singolo individuo che dovrebbe far comprendere gli effettivi confini e il reale ‘perimetro’ culturale dei diritti civili e delle nuove libertà pubbliche. Al limite, per evitare di prendere in ‘giro’ i propri elettori e i cittadini stessi. Il Partito democratico sta perdendo l’ennesima occasione per dimostrarsi una forza politica all’altezza dei compiti che si era autoassegnato, poiché rifiuta ostinatamente di affrancarsi da quel gretto pragmatismo, da quella ‘doppiezza’ morale che, già da tempo, ha causato la perdita, nel nostro Paese, di ogni sano valore di collettività, di gruppo, di azienda, di comunità, di etica civile e sociale. Portare a casa un risultato a tutti i costi ‘purchessìa’, abbassandosi a compromessi tutt’altro che ‘storici’, servirà soltanto a dimostrare come il Pd non sia affatto nelle condizioni di rappresentare quelle culture riformiste, laiche e liberali che gli consentirebbero di essere riconosciuto, una volta per tutte, come forza politica diretta discendente dell’illuminismo e della Rivoluzione francese. In tal senso, teorizzare un “Partito della Nazione, a vocazione maggioritaria” diviene una contraddizione, un mero esercizio ‘sofistico’ di propagandismo ‘percettivo’. E approvare un matrimonio di serie ‘B’, correndo il rischio di rinchiudere tutti coloro che faranno ricorso a questo strumento tra gli angusti ambiti delle “formazioni sociali specifiche”, non potrà che perpetuare, soprattutto nei confronti delle coppie omosessuali e dell’intero ‘universo’ Lgbt, un giudizio fortemente discriminatorio, socialmente obsoleto e, persino, regressivo. Si tratta di un rischio calcolato o, forse, nemmeno tanto temuto? Di ciò, noi non ne saremmo tanto sicuri. E lo affermiamo apertamente.
(11 settembre 2015)
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