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La Santa [sic] Chiesa di Roma e i funerali religiosi dei Mafiosi

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Funerali di Vittorio Casamonica a Don Bosco 20 agosto 2015 a Roma ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Funerali di Vittorio Casamonica a Don Bosco 20 agosto 2015 a Roma
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

di Il Capo

 

 

 

Arroganti coi deboli e proni al potere: è l’essenza dei preti di Roma (non vi scandalizzate, non si giudica la loro natura di essere umano, ma il loro operato di ministri di una Chiesa che pratica l’uguaglianza sulla base di potere e conti in banca), Roma intesa come Vaticano, che non ci pensano due volte a portare in chiesa la bara di un mafioso, mica uno qualsiasi, ma uno che si chiamava Vittorio Casamonica, esponente di punta dell’omonimo clan romano.

 

Scrive Repubblica di una carrozza antica trainata da cavalli, di musica del “Padrino” ad accompagnare il feretro; di manifesti con la scritta “Re di Roma”  insieme a un fotomontaggio raffigurante il Colosseo accanto alla Basilica di San Pietro e l’immagine dell’uomo vestito di bianco con un crocifisso. Poi di un altro manifesto dove c’era scritto: “Hai conquistato Roma, ora conquisterai il paradiso”; di una bara trasportata da una Rolls-Royce.

 

I funerali nella chiesa di Don Bosco, retta da un pretino che proprio “non poteva rifiutarsi di celebrare il funerale”. La stessa chiesa dove doveva venire celebrato il funerale di Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare, militante del Partito Radicale, morto nel 2006 con l’aiuto di un medico, per le esequie del quale il Cardinal Ruini, negò l’uso della chiesa, perché per la Chiesa di Roma ci sono cittadini di seria A e di serie B a seconda di come pensi il cardinale più potente del momento. I funerali vennero celebrati in forma laica sul piazzale antistante la chiesa di Don Bosco. Porte chiuse per la sofferenza umana, spalancate per la mafia: che la sofferenza umana la provoca.

 

L’atto di arroganza non è tanto del clan romano che ha celebrato il suo capo con sfarzo indecente, ma di una chiesa che rifiuta, con i suoi atti sporchi di sangue e macchiati d’ingiustizia, di distinguere il bene dal male assoluto. Ne abbiamo avuto un’ennesima prova ieri. Ora ricominceranno a scagliarsi contro coppie dello stesso sesso, divorziati e aborto, così da far dimenticare – in un ennesimo trionfo d’intolleranza medievale – che la loro giustizia non è affatto divina, come millantano, ma miseramente umana. Di quella misera umanità che sceglie di schierarsi con i potenti, gli arroganti, gli intolleranti.

 

Il restyling operato servendosi della figura di Bergoglio è servito proprio a poco e la foto ANSA che pubblichiamo sta lì a spiegare a quale gioco si sono prestate le gerarchie cattoliche della Capitale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(21 agosto 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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