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Gambia, arrestati per presunta omosessualità vengono rilasciati perché “non colpevoli”

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Così si educano i cittadini all'omofobia fin dalla più tenera età
Così si educano i cittadini all’omofobia fin dalla più tenera età (il cartello dice: “La punizione per chi pecca è la morte”)

di Paolo M. Minciotti

 

 

In Gambia dopo la legge voluta dall’orrendo Yammeh, quello dei gay che sono “vermi” (parola di verme) , e del “taglierò la gola ai gay e i bianchi non mi fermeranno”, e de l’omosessualità “più mortale di tutti i disastri messi insieme”, gli arresti di persone percepite [sic] come omosessuali si sono moltiplicati. Accuse, nessuna prova se non delazioni, torture per costringere i poveracci e le poveracce a confessare i loro “crimini” [sic] e a denunciare altri cittadini percepiti come omosessuali ed infine, quasi sempre, il rilascio per “non colpevolezza”.

 

E’ accaduto anche agli ultimi arrestati in ordine di tempo di cui si avesse notizia. Tre giovani imprigionati nel novembre scorso sulla base di accuse rivelatesi non veritiere, presumibilmente rilasciati in febbraio, ma in realtà imprigionati fino a pochi giorni fa quando le accuse inconsistenti che pendevano su di loro sono cadute e sono stati dichiarati non colpevoli. Lo riporta Mambaonline.

 

In Gambia l’omosessualità è punita con il carcere a vita dopo la nuova legge voluta dal presidente Yammeh che ha indurito la già durissima legge coloniale che la puniva con pene fino a 14 anni di carcere. Il presidente che tutto il mondo odia ha voluto il reato di “omosessualità aggravata” che è un cancro giuridico, ma i dittatori non vanno tanto per il sottile.

 

Secondo Amnesty International i tre arrestati e rilasciati sono stati sottoposti a torture per costringerli a confessare la loro omosessualità e rivelare i nomi di altri presunti omosessuali. I tre dovrebbero ora trovarsi nelle loro case, qualora non siano stati cancellati dalla lista dei parenti per l’onta che la famiglia ritiene di avere subito, e speriamo non abbiano a subire la morte sociale, dato che uno di loro ha già rischiato di morire in carcere per gli abusi subiti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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