di Il Capo
Una delle ultime dichiarazioni di Antonio Razzi sulle persone LGBTI, quelle che pagano un biglietto per entrare al Gay Village di Roma, riportata da Il Fatto Quotidiano e rilasciata a La Zanzara di Radio24, era la seguente: “Io rispetto i trans” [sic] “perché quelli hanno un mestiere. Li definisco toast, perché è una cosa dolce e il toast se magna. Chiamo invece tramezzini i gay, o, come diciamo in Abruzzo, i ricchiun“. Il video qui sotto riporta l’intervento di Razzi all’emittente del Sole24Ore.
Il sito Spetteguless.it riporta invece un cocktail di altre intelligenti dichiarazioni dell’Onorevole di Forza Italia sulle persone omosessuali: “Gli uomini sessuali, ho avuto tre che lavoravano con me, quando io ero il capo operaio, e lavoravano con me. Perfetto. Sono grandissimi operai e non ho mai avuto problemi con queste persone”. “Questo del matrimonio, come direbbe l’amico Crozza, diciamo ‘non credo’. Possono tranquillamente vivere insieme ma non serve sposare. Alla fine devono vivere anche loro, non è che possiamo tagliare la testa e buttarla a mare. Se loro sono felici così. Io glielo consiglio da amico, state insieme ma non vi sposate, che magari dopo vi separate con arrabbiatura”. “Loro alla fine io lo considero come persone normali. Poi quello che non condivido, lo ha detto anche Dolce e Gabbana, è avere dei figli non è una cosa bella”; è evidente che il video virale che vede Vladimir Luxuria ballare in compagnia di Razzi sul palco del locale romano non troverà spazio in questo giornale né ora né mai.
Trova spazio invece una domanda: perché? Proprio non riusciamo a spiegarci perché una persona, direttrice artistica del Gay Village di Roma, dell’intelligenza di Valdimir Luxuria scivoli dai tacchi (troppo alti?) e cada in scelte così discutibili. L’integrazione e la riabilitazione dell’omofobo di mestiere fanno parte della “tolleranza” servita al Gay Village dal giovedì alla domenica? Bisogna accreditare il locale presso i fascistelli della Capitale tutti odio omofobo alla luce del sole e che protetti dall’oscurità della notte romana si trasformano in libertini? Una scelta politica trasversale [sic] in vista dell’approvazione delle Unioni Civili? Stiamo forse nel paradisino della tolleranza targata Forza Italia allestito nel parco del Ninfeo? Non era bastata la presenza di Francesca Pascale l’anno scorso con cena al seguito? Ripetiamo la domanda, perché? Per far parlare la stampa? Non bastano spettacoli destinati al pubblico gay più che discutibili?
Evidentemente no. La foga del dover essere in prima pagina non importa in che modo è evidentemente assai più contagiosa di ciò che pensiamo. L’abbassamento del livello culturale delle proposte del Gay Village romano, che seguiamo puntualmente nella sezione Cultura del nostro giornale, è evidente nonostante sulle sedie di quella platea si accomodi un pubblico competente e preparato (poi dopo la mezzanotte il mercato della vacche è aperto). Le porte aperte all’omofobia e al cialtronismo di professione già ci tocca subircele in politica senza che ne abbiamo colpa. Che vengano spalancate anche in quello che pretende di essere il tempio della tolleranza e della lotta al fascismo omofobo ci sembra francamente uno “esticazzismo” irrispettoso della storia delle persone LGBTI di questo paese; che maestra della più che discutibile Cerimonia sia un personaggio come Vladimir Luxuria, in veste di direttrice artistica del locale romano, disturba infine ancora di più.
Almeno una cosa positiva c’è. Ci hanno confermato dall’ufficio stampa del Gay Village che per Razzi non è stato pagato un euro. E tanto per far trionfare il buonismo dell’omofobo c’è naturalmente dietro una buona causa. Perché ci sono sempre buona cause sulla pelle della discriminazione altrui. E in Italia è costumanza che certe scelte servano a volte più a chi le opera che a chi le subisce.
(1 agosto 2015)
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