di Lorenza Morello twitter@lorenza_morello
… mi è stato chiesto, qualche giorno fa da questa redazione di dire “qualcosa di intelligente” sulla Grecia. Domanda che suona quasi una sfida, tanto più vista la calura. Ed ecco che mi trovo a scriverne ora, nel giorno più difficile, a poche ore dal compimento del tutto.
Posto che la domanda mi ricorda quel “Ci dica qualcosa di sinistra” su cui tanto si è già detto, il mio primo pensiero è che è inutile, a parer mio, gettarsi nell’ennesima dissertazione economica. O, meglio, è inutile che lo faccia io che economista non sono (che da questo punto di vista, basta girare per le strade delle nostre città ed ascoltare le conversazioni della gente… tra Milano, Roma e Torino in questi giorni ho scoperto che siamo sempre tutti statisti, noi italiani, e, visto che la Grecia appassiona un po’ tutti, in mancanza del Campionato facciamo fantapolitica unita al fantacalcio – ieri infatti ho seguito piacevolmente la conversazione di due signori che avrebbero risolto la questione del debito vendendo dei giocatori di calcio… ma non ho capito quali giocatori e chi li vendeva a chi… il loro passo era troppo svelto e i miei tacchi troppo alti per tenere il loro ritmo sotto i portici!). Il dato che forse mi si confà maggiormente e che potrei tentare di analizzare, sempre in una lotta contro il tempo tiranno e con i neuroni debilitati dalla canicola, potrebbe essere pertanto quello politico-antropologico. Anzi, meglio, antropologico-politico (sempre prima l’individuo, per me).
E il dato più rilevante è che le regole che ci siamo dati non erano delle buone regole. Sono una giurista, da sempre mi hanno insegnato a ragionare in modo giuridicamente orientato, e gli studi di antropologia giuridica mi hanno permesso di andare oltre la norma in sé e comprenderne la ratio. Studiando l’uomo nella sua cultura e, tra i tanti aspetti che si potrebbero prendere in considerazione, valutando l ‘ottica giuridica, ossia del diritto.
Da questo punto di vista, come si legge da più parti,questa disciplina prende in considerazione gli aspetti culturali e simbolici che gli esseri umani, in genere appartenenti ad una stessa ed unica comunità, “mettono dentro” alla trama del diritto, trama di organizzazione sociale e rituale della medesima comunità, aspetti culturali e simbolici mediante i quali una comunità codifica il proprio diritto. Intesa in senso più ampio, invece, l’antropologia giuridica è una disciplina attraverso la quale è possibile scavare nella superficie del diritto, quale regolamentazione e istituzione della società medesima, al fine di rintracciare in esso i fondamenti culturali e/o simbolici che una data comunità ritiene irrinunciabili per il proprio destino.
Ciò significa, molto brevemente, che mediante questa scienza è possibile ricavare i fondamenti culturali del diritto stesso e che chi fa antropologia giuridica intende attingere proprio a tali fondamenti, esprimenti, in ultima istanza, il senso stesso del diritto, quale istitutore e produttore delle medesime comunità umane.
Ebbene, analizzando la questione greca si evince quanto i teorici della Magna Europa non abbiano tenuto conto, nel siglare le proprie regole ferree di condotta inamovibile che nessuno, per non dire pochi, riescono a rispettare (che adesso non par il caso di star qui a novellare quanti altri Paesi abbiano, ciascuno in diversa misura e per diverse ragioni, problemi di debito), delle diversità antropologiche che caratterizzano i vari stati che compongono l’Unione europea.
Pertanto, come ho già avuto modo di sostenere più volte, senza esonerare ciascuno dalle proprie responsabilità, il problema sta a monte, ed è che la struttura europea fa acqua da tutte le parti, sebbene possa vantare ai propri vertici anche persone di indubbia capacità quali il Ministro Draghi. Ma un uomo da solo può ben poco, quando il sistema denuncia a più voci la cronaca di una morte annunciata.
(16 luglio 2015)
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