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Grecia, o dei rischi di votare con la pancia

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Unione Europea Greciadi Il Capo

 

La sceneggiata greca che ha distrutto miliardi di profitti, bruciato miliardi di euro in borsa e sbugiardato un leader che ha preso per il naso tutto un popolo comincia anni fa con i famosi bilanci truccati accettati da Bruxelles (Il Manifesto tirava in ballo Mario Draghi, qualche giorno fa: trovare un colpevole come se servisse fa sempre effetto) come se non lo fossero. Poi la bomba scoppia e la Grecia si ritrova per le strade alle prese con la sua disperazione. Si precipita in massa a destra, fa trionfare alle elezioni i nazisti di Alba Dorata (donazioni di sangue greco per i Greci, pestaggi di stranieri ed omosessuali, manifestazioni da Terzo Reich, intimidazioni nei confronti dei giornalisti, assalti e quindi l’omicidio di un rapper di sinistra), poi la Grecia cambia idea e nasce un nuovo astro. Non è più di estrema destra (i dirigenti di Alba Dorata sono tutti in galera o quasi, perché nel frattempo lo Stato si sveglia), è di estrema sinistra: si chiama Syriza e lui è il dio Tsipras. Sono tutti in orgasmo in Europa, a partire dai Greci che hanno trovato l’ennesimo salvatore della Patria. Lui è belloccio e piace, e lo sa, quindi – espressione studiata a tavolino, con sopracciglio ricurvo alla “vedetecomesonobuono” – ne dice di tutti i colori, dice tutto ed il suo contrario, millanta piani che non presenta, per mesi dice una cosa e ne fa un’altra, ma riesce a parlare alla pancia (sempre meno piena) della Grecia, fino al coup de théatre del 5 luglio dove i Greci, che votano con la pancia proprio come gli Italiani, gli Spagnoli, tutti quei cittadini che invece di pensare a ciò che votano gridano sui social come se i social servissero, dicono no (o almeno quel 55% che si presenta alle urne dice “no”) alle misure dell’UE. “Oxi” diventa l’inno nazionale di coloro che pensano che le cose andranno bene soltanto perché le sta facendo un leader di sinistra; “Oxi” è l’inno di tutti i populismi europei. Ma di populismo si muore, se ne accorse anche Hitler, così che Tsipras dopo che ha convinto la pancia dei Greci a votare no e sacrificato l’opportunista ministro delle Finanze che, pragmatico come ogni uomo di destra si toglie dai coglioni perché vede che aria tira, fa la voce grossa con l’UE, ma gli va male. Perché non ha un centesimo ed ha bisogno dei soldi che arriveranno da un terzo prestito che gli verrà concesso nonostante non abbia restituito nemmeno un centesimo dei primi due, vantandosene. Continua a parlare alla pancia dei Greci, che però non lo ascoltano più, perché hanno scoperto (prima cosa leggevano, Godzilla?) che le nuove condizioni che Tsipras Braghecalate sta negoziando sono proprio quelle – più qualche indurimento – che loro stessi hanno rifiutato votando “No” al referendum del 5 luglio. l’11 luglio, sei giorni dopo il referendum dei miracoli, Tsipras perde la sua maggioranza, il suo partito gli fa la guerra e la situazione non cambia, se hai bisogno dei soldi ti cali le braghe e fai ciò che ti diciamo anche se non ti piace.

 

Di 82/86 miliardi sarà il terzo riscatto della storia greca recente in cinque anni (e del doman non v’è certezza). “Toglieteci anche la giacca”, teatralizza Tsipras. Sorry, it’ too late. Fine della storia.

 

Questi sono i rischi ai quali va incontro un popolo che vota con la pancia e non vuole vedere le cose come stanno. Ci rivolgiamo anche a coloro, troppo numerosi, che in un M5S qualsiasi o in un Podemos spagnolo vedono i nuovi Messia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(13 luglio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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