di Il Capo
Ogni tanto se ne sveglia uno, nei pacifici Stati Uniti della libertà di sparare, quelli che fanno capo a Repubblicani come Donald Trump che nemmeno i suoi avversari vogliono tra i coglioni; si sveglia un ventenne al quale i sermoni sulla superiorità del God Bless America ha cotto il cervello, entra in un qualche luogo preferibilmente sacro, per essere al cospetto di quel god, e poi pam! pam! pam! ne ammazza stecchiti alcuni: ieri nove. Domani, forse, qualcuno ne ammazzerà 20, tra un anno qualcun altro cento, che importa. Importa che la libertà a stelle e strisce stia nel privilegio stile cow-boy di possedere un’arma e usarla. La sacralità della vita? Chiusa nell’inutile libro sul quale i presidenti a stelle e strisce giurano. La giustizia? E chi se ne frega. Le lobby della armi? Da temere. Possono far saltare in aria la Casa Bianca dove siede, guarda caso, un afroamericano con padre musulmano e dove potrebbe sedere, dal 2016 e per la prima volta, una donna.
Non è libertà quella che permette agli uomini di ammazzare altri uomini grazie alla facilità con cui si può possedere un arma: possederla è di per sé causa per il suo uso. Io non voglio usare armi, quindi non ne compro. Non le comprerei nemmeno potendo.
Il 20enne forse 21enne è stato gentilmente accompagnato dagli agenti in galera, è accusato di omicidio, vige la presunzione di innocenza. Dietro di sé ha lasciato nove persone morte, tutti neri, ammazzati in una chiesa piena zeppa di neri. Difficile pensare che sia stato un caso. Difficile non pensare che cose simili possano accadere solo negli Stati Uniti.
(19 giugno 2015)
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