di Daniele Santi
Tocca ritornare su Don Inzoli, quelli che sedeva dietro Formigoni al convegno omofobo di Milano, ricordate? Quello che Maroni non conosce, nemmeno sa chi sia, per questo gli stringe la mano, ricordate? Quello che il Vaticano, ché credon nella divina giustizia non in quella degli uomini, aveva negato gli atti alla Procura, bontà divina, perchè fate quel che dico, ma non quel che faccio e ce ne freghiamo se Sel ha presentato un esposto?
Tocca scoprire ahinoi, in una mattinata di un giugno frescolino, che un prete condannato per pedofilia da due papi, e Comunione e liberazione cui l’uomo è legato abbia taciuto a bocche serratissime sulla questione, tocca scoprire, dicevamo, che gli atti ecclesiastici riguardo alle presunte (per lo stato italiano) malefatte compiute dal Don Inzoli non verranno condivisi con lo stato italiano, e che la rogatoria richiesta dalla procura di Cremona è stata rifiutata.
La legge italiana del resto aiuta certe scelte che possono sembrare scellerate: ai religiosi è dato infatti di stare zitti quando sono depositari di confessioni rese loro in ragione del loro ministero (“gli ecclesiastici non sono tenuti a dare ai magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero”), che è precisamente ciò che è successo. Le vittime infatti non si sono rivolte alla magistratura, ma hanno voluto parlare degli abusi con rappresentanti di Santa Romana Chiesa.
Sono le loro stesse testimonianze, e la scelta di non rivolgersi alla giustizia italiana, ad impedire loro – oggi – di avere giustizia. Lungimiranti.
(18 giugno 2015)
©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)