di Lorenza Morello twitter@lorenza_morello
Ci crediamo evoluti, e la risposta più mediaticamente forte che riusciamo a dare per risolvere il problema della diversa abilità è ripristinare la rupe di Sparta.
Peter Singer, già propugnatore dello specismo (neologismo per indicare il razzismo o il sentimento di superiorità che gli uomini hanno verso le altre creature) e della parità legale tra uomini e animali. “Stiamo già compiendo dei passi che portano alla terminazione consapevole e intenzionale della vita dei bambini gravemente disabili“, questa è l’ultima frontiera di Singer ribadita in una intervista radiofonica dove ha illustrato il suo piano per risolvere il deficit della spesa sanitaria negli Stati Uniti e, dunque, nel resto del mondo. Nella stessa intervista gli è stato chiesto se crede che con la riforma sanitaria di Obama le sue tesi sulla “razionalizzazione” della spesa sanitaria prevarranno, e lo stesso ha chiarito che è un’idea che sta facendo proseliti perché già oggi molte delle scelte prese dai medici, sempre secondo lui, sono ispirate dall’esigenza di ridurre le spese, ma purtroppo, lamenta l’intervistato, questo avviene non apertamente, con il risultato che “l’America spende il doppio di altri paesi per ottenere molto poco beneficio in termini di risultati“.
Così, sempre secondo Singer, la sostenibilità etica della soppressione dei disabili gravi è una linea di pensiero destinata a spuntarla grazie all’”eutanasia non volontaria“. Che giuridicamente, è doveroso ricordarlo, ricalca l’omicidio volontario.
Chi scrive crede nei diritti inviolabili dell’uomo, tra i quali si annovera senza dubbio la manifestazione del pensiero, ma quando si tocca la vita nei suoi aspetti più intimi il discorso cambia, e il filosofo diviene un criminale.
Se si riduce il valore della vita nel rapporto costi e benefici, fuori da questa contabilità non c’è più vita, ma qualcosa di indefinibile. Non è un caso infatti che Singer definisca i bambini gravemente handicappati con il pronome inglese “it “ad indicare una cosa e non più la persona.
“Se un bambino nasce con una massiccia emorragia cerebrale- prosegue scientifico e solenne nell’intervista – significa che resterà così gravemente disabile che in caso di sopravvivenza non sarà mai in grado nemmeno di riconoscere sua madre, non sarà in grado di interagire con nessun altro essere umano, se ne starà semplicemente sdraiato lì sul letto e potrà essere nutrito, ma questo è quel che avverrà, i dottori staccheranno il respiratore che tiene in vita il bambino. Non so se essi siano influenzati dalla necessità di ridurre i costi. Probabilmente sono influenzati semplicemente dal fatto che per i genitori quello sarà un fardello terribile, e per il figlio non ci sarà alcuna qualità della vita“.
Sicuramente parole come umanità, carità, solidarietà, amore devono essere completamente andate perdute nel vocabolario di quest’uomo e dei suoi proseliti. L’uomo ha sempre cercato risposte al senso della vita, il suo valore, il suo scopo, sempre che ne abbia, come affermano alcuni per i quali la vita è semplicemente un accidente di quella immensa macchina che chiamiamo universo. Ed è attraverso questi interrogativi che sono nate le religioni, le filosofie, e, conquista recente, il diritto alla dignità della persona.
Conquiste ineluttabili della civiltà dopo tanti e ripetuti periodi oscuri che credevamo finiti. Sbagliando.
(22 maggio 2015)
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