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“Giustappunto!”, di Vittorio Lussana: “Per una volta, sto col Vaticano”

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Vittorio Lussana 02di Vittorio Lussana  twitter@vittoriolussana

 

È paradossale come non ci si accorga quanto clamorosamente si siano materializzate, in Italia, le più disperate profezie ‘pasoliniane’. In particolar modo, quelle che paventavano il risvolto epocale di un esodo migratorio di proporzioni bibliche, proveniente dai continenti più poveri della Terra. Ed è ancor più paradossale osservare quanto non ci si renda conto di come tutto questo abbia smascherato il razzismo ideologico e irrazionale delle destre italiane. Eppure, il nostro popolo, negli anni dell’immediato dopoguerra, non era affatto così. Al contrario, proprio durante gli anni del secondo conflitto mondiale, innumerevoli furono gli episodi di aiuto, ospitalità e solidarietà – anche a rischio della vita personale – per portare soccorso a ebrei, comunisti, partigiani e soldati costretti a nascondersi per sfuggire ai rastrellamenti dei nazifascisti. E’ indubbiamente vero che questa perdita di valori sociali, da parte degli italiani, sia avvenuta per mezzo della televisione, la quale ha spinto ognuno di noi verso l’edonismo omologativo. Tuttavia, anche la tolleranza professata a sinistra, spesso e volentieri è solamente una falsa derivazione del principio di solidarietà: una supponente ‘distanza’ rispetto alla complessità di un problema che dovrebbe comportare mobilitazioni, iniziative, contestazioni e proteste in difesa degli immigrati assai più coraggiose. Solo la Chiesa cattolica sta cominciando ad alzare i ‘toni’, intorno a tale ‘spinosissima’ questione. Dunque, giunti a questo punto, diviene buona cosa ricordare a tutti quegli italiani che nutrono fastidio nei confronti di popolazioni che stanno vivendo una fase difficilissima della loro Storia, come il razzismo, nei termini giuridici di comparazione ai princìpi universali dei diritti dell’uomo, corrisponda a un reato perseguibile e sanzionabile penalmente. Ma, allo stesso modo, sarebbe necessario porre molti esponenti del fronte cosiddetto ‘progressista’ innanzi alla propria ipocrisia e indifferenza, che testimoniano l’incapacità di riuscire a interpretare, culturalmente prima ancora che politicamente, la profonda tragedia di un ‘terzo mondo’ depredato e strangolato per secoli dall’avidità imperialista dei nazionalismi occidentali. Gli italiani del Terzo millennio si scoprono, dunque, affetti da un’inadeguatezza e da una sterilità morale paragonabile a quella di quei giovani intellettuali dei primi del ‘900 che ardevano dalla voglia di partecipare a una grande guerra mondiale, poiché convinti che questa avrebbe portato con sé, come conseguenza inevitabile, una meravigliosa rivoluzione, liberatoria per il mondo intero. Quando, pochi anni dopo, tali menti ‘eccelse’, tra cui quella di Sigmund Freud, scoprirono la terrificante verità dell’insensatezza e dell’immensa tragedia di milioni di vite umane sacrificate in nome di un miserabile ideale di sviluppo industriale, si pentirono amaramente della propria astrattezza, ritrovandosi costretti a convivere, per il resto della loro vita, con il ‘cane nero’ della depressione psichica e dell’orrore morale. In una parola: in compagnia di se stessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(22 maggio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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