di Lorenza Morello twitter@lorenza_morello
Un passo avanti, o un tuffo indietro di due secoli, quello del divorzio breve? Eh sì perché non tutti sanno che già il Codice di Napoleone nel 1800 consentiva di sciogliere i matrimoni civili, sebbene con il consenso degli avi. Ma l’avvento dell’Italia unita fece rinascere il tabù e si dovette attendere la seconda metà degli anni Sessanta per l’avvio della battaglia in nome del divorzio: con il progetto di legge del socialista Loris Fortuna, le manifestazioni dei radicali, la Lega italiana per l’istituzione del divorzio.
Ecco, nei dettagli salienti, cosa cambia rispetto al passato. Nelle separazioni consensuali si riduce a sei mesi il periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che permette la proposizione della domanda di divorzio; il termine più breve è applicabile anche alle separazioni che, inizialmente contenziose, si trasformano in consensuali.
Nelle separazioni giudiziali tout court, invece, si riduce da tre anni a dodici mesi la durata minima del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio.
La cessazione del vincolo matrimoniale può essere chiesta da uno dei coniugi o da entrambi se è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale, oppure ancora è intervenuta separazione di fatto quando questa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.
Nelle coppie con prole, per quanto riguarda l’affidamento dei figli e il loro mantenimento, la sentenza del giudice sarà valida anche dopo l’estinzione del processo. Tale validità si protrarrà fino a che non eventualmente sostituita da un nuovo provvedimento emesso a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi in seguito a un ricorso per il divorzio.
Un ultimo aspetto rilevante riguarda la seoarazione dei beni che le norme finora vigenti fissano al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale e che, con la nuova legge, avviene invece nel momento in cui il giudice autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale.
Il sentore è che qualcosa si sia mosso e che lo Stato italiano abbia finalmente almeno in parte rinunciato alla propria velleità moralizzatrice. Verosimile che nei prossimi mesi i tribunali saranno subissati di richieste di pronuncia di divorzio e per questo forse sarebbe stato utile pensare ad un qualche automatismo di riconoscimento del decorso del termine da parte dell’autorità giudiziaria. Vero è che la battaglia non può dirsi finita qui, lunga resta infatti ancora la marcia per il riconoscimento del divorzio immediato che già vige pressoché ovunque, tranne da noi, tra i Paesi di quella che gli ameticani chiamano la “vecchia Europa”.
(27 aprile 2015)
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