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Amnesty, l’uccisione a sangue freddo di 21 copti in Libia è un crimine di guerra

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Amnesty International CandleComunicato stampa

La terribile uccisione mediante decapitazione di 21 copti, quasi tutti egiziani, su una spiaggia della provincia di Tripoli, in Libia, è per Amnesty International un crimine di guerra e un attacco ai principi fondamentali di umanità.

L’atroce azione, ad opera del gruppo denominatosi Provincia di Tripoli dello Stato islamico, è stata compiuta per vendicare l’asserita persecuzione delle donne musulmane da parte della Chiesa copta in Egitto e il presunto rapimento di Camilia Shehata, una cristiana egiziana convertitasi all’Islam nel 2010, scomparsa, poi ritrovata dalla polizia del Cairo e infine consegnata alla comunità religiosa copta.

Secondo l’arcidiocesi di Samalut, in Egitto, 20 vittime sono state identificate dai loro parenti come copti egiziani originari del distretto omonimo, nel governatorato di El-Minya. L’esatta identità della 21esima vittima, forse un copto dell’Africa sub sahariana, dev’essere ancora accertata.
I 20 copti egiziani, emigrati in Libia per lavorare, erano stati sequestrati nella città di Sirte il 29 dicembre 2014 e il 3 gennaio 2015.

Dalla fine del conflitto armato del 2011, Sirte è la roccaforte dei gruppi armati islamisti come Ansar al-Shari’a, che si prefiggono di applicare la loro interpretazione delle leggi islamiche e che sono stati accusati di gravi crimini. Nel novembre 2014 un gruppo armato locale ha proclamato fedeltà allo Stato islamico e ha annunciato la costituzione della Provincia di Tripoli dello Stato islamico, che comprende diverse città della Libia occidentale tra cui Sirte, Tripoli, Misurata e Zawiya.

Amnesty International teme per la sorte di altri sette egiziani, in maggior parte copti, rapiti nella zona di Sirte tra il 24 agosto e il 15 settembre 2014.

L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto al governo egiziano di assicurare tutta la necessaria assistenza psicologica e sociale alle famiglie che hanno perso i loro cari a Sirte e che si trovano in uno stato di profondo shock. Si tratta di comunità povere dell’Alto Egitto che, nella maggior parte dei casi, hanno subito un lutto ma cui è anche venuta meno l’unica fonti di reddito, in un contesto generale di profonda discriminazione subita dalla minoranza religiosa copta da parte dello stato egiziano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(17 febbraio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

 

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