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Memorie Dimenticate 2015, “Moderne Deportazioni” in Campidoglio con Gaiaitalia.com

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Memorie Dimenticate 450x300 - 2015di Tito Gaudio

Il 26 gennaio 2015, presso la Sala del Carroccio del Campidoglio, si è svolto l’interessante conferenza Moderne Deportazioni, un momento di riflessione sul tema delle deportazioni passate e presenti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) e non solo: dai campi di concentramento nazisti alla pena di morte in vari Paesi africani e islamici fino alla condizione delle persone rifugiate che chiedono asilo all’Italia. Il dibattito fa parte delle iniziative del 2° Festival Memorie Dimenticate, in programma a Roma fino al 3 febbraio, organizzato da Gaiaitalia.com in collaborazione con Gaynet e Nogu Teatro e con il Patrocinio di Roma Capitale – Assessorato Patrimonio, Politiche UE, Comunicazione e Pari Opportunità, di UNAR e di ANDDOS.

Il primo intervento è stato di Alessandra Cattoi (Assessora di Roma Capitale), che ha portato i saluti dell’Amministrazione e che ha ribadito l’impegno a diffondere il messaggio delle cosiddette altre memorie: nei convegni, nelle iniziative nelle scuole, nei viaggi della Memoria fatti ogni anno. Ha sostenuto l’importanza della Memoria, da coltivare ogni giorno dell’anno, non solo nell’ultima settimana di gennaio; Memoria che può essere diffusa molto di più ascoltando con le proprie orecchie le testimonianze di coloro che hanno subito le violenze nazifasciste. Infine l’Assessora si è detta preoccupata per il ritorno di spinte neofasciste, che dimostrano che c’è ancora tanto lavoro da fare.

A questo punto Alessandro Paesano (critico, esperto di pregiudizi e moderatore della conferenza) ha introdotto l’incontro dicendo che le deportazioni naziste verso le persone LGBT non sono finite, ma hanno solo cambiato forma. Tuttora ci sono ancora 7 Stati dove i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso sono puniti con la pena di morte, mentre in molti altri Paesi, oltre 60, le persone LGBT rischiano di essere incarcerate, con una pena che può andare da pochi anni fino addirittura all’ergastolo. In molte Nazioni a causa dell’omo-transfobia istituzionalizzata si rischia anche di essere torturati dallo Stato o picchiati dalla popolazione. Molte di queste persone perseguitate decidono quindi di fuggire dai loro Paese e di rifugiarsi in Italia o nel resto d’Europa.

A tal proposito Cristina Franchini (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – UNHCR)  ha parlato della Convenzione di Ginevra sulle persone rifugiate del 1951 e dell’operato dell’UNHCR a sostegno di chi è perseguitato o perseguitata. Questa Convenzione stabilisce chi sono le persone rifugiate e come gli Stati devono proteggerle; dice anche su quali motivi si basano le persecuzioni da cui fuggono queste persone. Purtroppo tra questi motivi non ci sono il sesso, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Tuttavia, con il passare del tempo, c’è stata una progressiva apertura per quanto riguarda le persone perseguitate a causa della propria identità sessuale, cioè donne e persone LGBT. Attualmente l’UNHCR si occupa anche di queste persone. A tal proposito le relative linee guida del 2012 dicono come accogliere e tutelare le persone LGBT che fuggono dal proprio Paese d’origine. Per poter essere protette queste persone devono essere esaminate da una commissione, davanti cui devono raccontare la loro storia, il loro vissuto, la loro identità. Questo di solito è difficile perché queste persone spesso si vergognano della propria identità o hanno paura di parlarne; inoltre spesso soffrono di omo-transfobia interiorizzata.

La discussione su questo argomento è proseguita con l’intervento di Valentina Itri (responsabile numero verde per Richiedenti e Titolari di Protezione internazionali ARCI), che ha risposto alla domanda: “Come si fa a dimostrare che una persona è perseguitata a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere?”. Le persone LGBT che provengono da Paesi in cui vengono perseguitate spesso non sanno nemmeno che possono richiedere asilo in Italia. Quelle che lo vengono a sapere devono superare un esame davanti una commissione, che dovrà accertare se la persona che chiede asilo è veramente LGBT. A tal proposito la responsabile del numero verde di ARCI ha letto una decisione di una di queste commissioni: la persona migrante in questione non è stata considerata omosessuale per il semplice fatto che il suo primo rapporto sessuale risale a 27 anni. In altri casi queste commissioni richiedono che chi chiede asilo sia obbligato o obbligata ad andare da psicologi e psichiatri, che dovrebbero attestare la vera identità sessuale della persona. Un altro problema è l’enorme quantità di tempo necessaria per ottenere asilo: da 8 mesi a svariati anni. In questo periodo di tempo le persone LGBT rifugiate spesso sono isolate, perché rifiutate dai parenti e dalle altre persone migranti a causa dell’omo-transfobia. Le persone LGBT che chiedono asilo spesso hanno paura di subire violenze, soprattutto nel caso dovessero finire nei C.I.E.

A questo punto Alessandro Paesano ha sottolineato che questo rifiuto è presente anche nelle società occidentali: per esempio negli Stati Uniti e nel Regno Unito oltre il 50% delle giovani persone homeless è LGBT, rifiutate dai parenti e cacciate di casa.

La parola è passata a Tommaso M. Giuntella (presidente PD Roma) che ha detto di occuparsi all’interno del Partito anche delle relazioni con gli altri Paesi e che certe volte è imbarazzato dal confronto tra i Partiti di centrosinistra italiani e quelli degli altri Stati occidentali. Secondo l’esponente del PD il problema non è di proposta politica, in quanto nel corso degli anni sono state proposte tantissime leggi, sia dai Parlamentari sia dalla Società civile. Il problema è sociale e culturale: secondo lui l’Italia non è molto differente dai Paesi che puniscono le persone LGBT. Poi ha citato due sue esperienze personali. La prima è consistita nella visita del C.A.R.A. di Bari, dove gli attivisti e le attiviste dell’ARCI gli hanno parlato anche delle giovani persone omosessuali che si trovavano lì: erano isolate e avevano paura di essere picchiate. La seconda esperienza è capitata nel 2012, quando era tra coloro che curavano la campagna elettorale di Pier Luigi Bersani sui social network per le primarie. Lui e altre persone decisero di diffondere un’immagine che spiegasse la proposta del PD sulle cosiddette civil partnership alla tedesca. Nel giro di poco tempo lo chiamarono dalla segreteria del PD, dove alcune persone erano arrabbiate per la diffusione di questa immagine e di questa proposta: stranamente non se ne doveva parlare. Giuntella ha infine proposto tre azioni da fare assolutamente: fare testimonianza nelle scuole e tra le persone giovani; fare educazione civica ed educazione alle differenze in tutte le scuole; cambiare la Cultura, facendo conoscere le moderne forme di discriminazione e di sofferenza, soprattutto attraverso il cinema e la letteratura.

Delia Vaccarello (giornalista e scrittrice) ha riportato un’esperienza personale: lei ha convissuto per 10 anni con una donna morta 2 mesi fa: la mancanza di tutela alle coppie dello stesso sesso si traforma in crudeltà di stato. Vaccarello infatti non può nemmeno sapere di cosa la sua compagna è morta, non essendo per la legge una parente stretta. Poi ha parlato della situazione delle donne lesbiche. Esse, ricordiamolo, sono doppiamente discriminate: come donne e come omosessuali. Nei campi di concentramento le donne lesbiche erano obbligate a portare dei triangoli neri. Tradizionalmente il triangolo con la punta verso il basso simboleggia il male, mentre il nero simboleggia la morte. Al contrario degli uomini gay, che avevano un proprio triangolo di colore rosa, le donne lesbiche non venivano riconosciute,  non considerate come un gruppo, ma venivano inserite tra le persone asociali. La stessa parola “lesbica” è recente; prima al suo posto si usavano altre parole offensive. È solo con la nascita del femminismo e l’inizio dell’attivismo politico che le donne lesbiche hanno iniziato ad autodefinirsi come lesbiche e a creare un movimento con istanze politiche. Negli anni ’80 sono nati in Italia i primi movimenti lesbici e nel 1996 è nata Arcilesbica. Tuttavia le donne lesbiche sono ancora poco considerate, tanto che il termine “gay” è usato da chiunque senza problemi, mentre la parola “lesbica” si usa ancora difficilmente. Inoltre in questi anni si è molto diffuso il termine “matrimoni gay”, ma nessuna persona parla di “matrimoni lesbici”. Allora la proposta della scrittrice è di sostenere l’uso e la diffusione della parola “lesbica”.

Il penultimo intervento è stato di Rosario Coco (presidente Gaynet Roma), in merito alle attività delle associazioni LGBT. La loro attività territoriale è abbastanza diffusa e forte, anche nei rapporti con le Istituzioni locali. Una cosa che manca è un coordinamento delle associazioni LGBT, che possa coinvolgere non solo attivisti e attiviste, ma anche chi non è attivista. Questo infatti è un altro problema in Italia: il mancato coinvolgimento della base della realtà LGBT. Manca anche un rapporto forte tra le associazioni LGBT e le altre associazioni che si occupano di libertà, uguaglianza, diritti umani, civili e sociali. Una proposta concreta è quella di citare espressamente l’orientamento sessuale e l’identità di genere tra i motivi di non discriminazione nei trattati internazionali.

Infine la parola è stata data a Monica Maggi (giornalista e poeta, autrice dello spettacolo I Triangoli Neri). Ha portato la sua diretta testimonianza di donna ebrea, figlia un’ebrea e di un cattolico. Sua madre ha vissuto il rastrellamento di via Rasella e la sua fuga, insieme alla madre e al fratello. L’autrice ha spiegato che nella comunità ebraica manca la consapevolezza dell’omosessualità, sia maschile che femminile. Ma sono soprattutto le donne lesbiche a non essere riconosciute e considerate dalla comunità. Come ultima cosa, ultima in ordine di tempo ma non per importanza, ha invitato tutti e tutte ad assistere allo spettacolo di cui è autrice, I Triangoli Neri, che in questo momento è in scena presso il Teatro Agorà di Roma, fino al 1° febbraio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(27 gennaio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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